Stefano Messina, il presidente di Assarmatori che ha aperto la prima assemblea annuale

Assarmatori, il più grande fallimento dell’UE è la politica marittima

di Antonino Pane
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ROMA - «Il più grande fallimento dell’Unione Europea è la politica marittima. È mancata e manca una politica per il Mediterraneo». Il presidente Stefano Messina ha aperto la prima assemblea annuale di Assarmatori, l’Associazione che raggruppa i principali armatori italiani e internazionali con prevalenti interessi in Italia, con un vero e proprio atto d’accusa contro quelle che ha definito “colpevoli dimenticanze”. Il presidente di Assarmatori è andato anche oltre: «La Commissione uscente di Bruxelles, - ha detto - salvo rarissime occasioni, non si è mai occupata in modo razionale della politica del mare e ciò nonostante che per Paesi come l’Italia sulle navi e attraverso i porti transiti più dell’80% dell’interscambio commerciale. Le conseguenze sono state drammatiche e hanno accentuato in modo palese le distorsioni di trattamento a favore dei Paesi del Nord Europa. Un esempio per tutti: l’Unione Europea eroga  finanziamenti predominanti alle compagnie che collegano porti del Mar del Nord e del Baltico con la motivazione che uniscono, anche con distanze minime, porti di diversi paesi comunitari, ma non riconosce analogo trattamento all’Italia, né per i collegamenti marittimi nazionali lungo una penisola che è commercialmente ben più strategica, né su quelli con Paesi mediterranei extra UE, nei confronti dei quali sarebbe oggi più che mai indispensabile una politica di coesione».

E proprio mentre si discute del nuovo assetto della Commissione europea, per Assarmatori chiede il cambio di rotta:  «È un’emergenza alla quale la nuova Commissione UE non potrà sottrarsi. E in questo senso l’Associazione degli armatori le cui compagnie associate controllano più di 450 navi e che rappresenta la più importante concentrazione mondiale di navi traghetto per passeggeri e merci, auspica anche la scelta di un italiano per il ruolo di Commissario europeo ai Trasporti». 

Su questo tema ha insistito anche Enrico Letta, ex premier, oggi professore a Parigi a Sciences-Po (Institut d’Etudes politiques de Paris). Per Letta in questo momento all’Italia occorre un ruolo primario in un settore come i trasporti. C’è bisogno di risultati, la Concorrenza produce più apparenza che risultati. Se fossi Conte - ha ribadito - chiedere aiuto a Berlusconi e a Zingaretti, che in Europa sono in grandi gruppi, pur di portare un beneficio vero al Paese”.

Ma esiste anche una seconda motivazione posta al centro del dibattito da Assoarmatori: la Silk & Road Initiative, ovvero la Via della Seta lanciata dalla Cina, con un investimento globale di 8.000 miliardi di dollari, rappresenta un’opportunità unica per spostare verso Sud l’asse degli scambi in Europa, rilanciando i porti italiani. Secondo Stefano Messina, l’Italia ha il dovere di imporre una “Via Italiana” a questo progetto. Ciò significa che i porti vanno dragati, connessi a una rete ferroviaria moderna che trasporti contenitori di ultima generazione, e gli investimenti in infrastrutture vanno sbloccati subito. “La Cina è un’opportunità, ma vorrei ricordare ai nostri amici cinesi - ha affermato Messina - che qui in Europa vigono le regole dell’economia di mercato.  Sia il Governo nazionale che le Istituzioni Europee esercitino dunque le loro prerogative per proteggere gli operatori già attivi in questo mercato da quelle iniziative che non rispettano le regole che ben conosciamo, a partire da quelle che vietano gli aiuti di Stato ovvero pregiudicano gli interessi del Paese nell’esercizio delle proprie infrastrutture strategiche”.

Ma la Cina deve fare paura? Per Giulio Sapelli, economista, professore dell’Università degli Studi di Milano, la Cina è un “gigante di carta” che bisogna solo tenere a bada. “Noi dobbiamo guardare agli Usa e investire in Africa. Questo è il ruolo che ci assegna la Storia e questo è il nostro orizzonte possibile”.

Chi non teme l’espansione cinese è sicuramente l’armatore Gianluigi Aponte che guida il colosso planetario Msc. “Stentiamo a capire che è la Cina che ha bisogno di noi e non noi della Cina. Loro esportano prodotti finiti verso l’Europa, noi esportiamo pochissimo verso la Cina. Dobbiamo essere consapevoli della nostra forza, tutto qui”. Aponte ha anche ribadito che Msc crede molto in Gioia Tauro, che Msc ha programmato in Calabria investimenti notevoli. “Gioia Tauro diventerà il grande hub del Sud Italia - ha sottolineato - e i lavoratori avranno finalmente certezze sul loro futuro”.

Non ha paura per niente della Cina neanche Giuseppe Bono, ceo di Fincantieri. “Non temiamo nessuno - ha ribadito - ci frenano solo le interpretazioni normative in sede europea. Abbiamo investito in Francia e stiamo da mesi aspettano la conclusione di un iter fatto di pareri. Eppure l’Europa ha consentito alla Corea di gestire quei cantieri. Così com’è avvenuto anche in Nord Europa. Invece di frenarci tra di noi lavoriamo insieme, l’Europa faccia gli interessi reali dell’Europa”. Bono ha citato anche il rinnovamento della flotta traghetti: perché non sono stati previsti finanziamenti di sostegno agli armatori? Un tema ripreso anche da Achille Onorato, ceo di Moby. “Abbiamo bisogno di un sistemo Europa e di regole certe. Noi giovani armatori dobbiamo dimostrato di avere la voglia di lottare e di crescere con i marittimi italiani al nostro fianco. E siamo orgogliosi di questo”. 

Incalzati da Nicola Porro sono emerse nette anche le posizioni di Carlo Secchi, di European Coordinator TEN-T Atlantic Corridor e Fabrizio Palenzona, presidente Conftrasporto Confcommercio Imprese per l’Italia. 

E poi la politica. Assarmatori  si è candidata  a promuovere da subito “un tavolo permanente politica-industria-shipping che indichi le regole del gioco nel quadrante dei trasporti e delle infrastrutture. Assarmatori ha anche puntato il dito contro la cronica sottovalutazione dell’importanza dei trasporti marittimi e dell’industria del mare sottolineando come questo comparto valga circa il 3% del PIL italiano (dati Unioncamere); in termini di valore ciò significa 45 miliardi di euro e lavoro a oltre 880 mila italiani; considerando  l’effetto indotto sul resto dell’economia il fatturato dell’industria del mare balza a circa 130 miliardi di euro e a titolo di esempio, l’automotive si ferma a 93 miliardi di euro”.

Il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli ha ribadito che vuole  riunire a breve le associazioni rappresentative degli armatori, perché una posizione univoca sulle idee e sulle proposte da sottoporre all'Amministrazione - pur partendo da visioni legittimamente diverse - favorirà ed agevolerà una sintesi su alcune importantissime scelte che ci attendono nei prossimi mesi. Sono consapevole - ha aggiunto - che state facendo, come imprese armatoriali, grandi passi in avanti e grandi investimenti nell'utilizzo dei combustibili alternativi, nell'ottica di abbattere le emissioni di Co2 e delle altre sostanze maggiormente inquinanti: devo darvene atto e sapete bene che questo è l'orizzonte verso cui tendere. È per questa ragione che il Governo vuole continuare ad investire anche sugli incentivi Ferrobonus e Marebonus da destinare alla merce che sceglie il treno o la nave al posto del «tutto strada».

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Martedì 16 Luglio 2019 - Ultimo aggiornamento: 17:35 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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