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PALERMO - Il mare è malato e il suo stato di salute è in peggioramento. Sono queste, purtroppo, le conclusioni a cui è giunta l’Università di Palermo dopo aver esaminato i campioni di acqua marina raccolti dal comandante Sergio Davì al termine dell’Ocean to Ocean RIB Adventure, un raid di 10.000 miglia a bordo di un gommone di 12 metri, il Prince Nuova Jolly motorizzato Suzuki, con partenza da Palermo e arrivo a Los Angeles.
Durante la sua ultima impresa il comandante Davì, non nuovo a imprese del genere, ha prelevato quasi una quarantina di campioni di acque marine tra Mar Mediterraneo, Oceano Atlantico, Mar dei Caraibi e Oceano Pacifico e ha poi consegnato le provette all’ATeN Center dell’Università di Palermo, per l’analisi e la ricerca di microplastiche. A conclusione delle analisi, svoltesi sotto la direzione della professoressa Gennara Cavallaro e la supervisione del professore Mariano Licciardi, è stato comunicato che “è stato registrato un importante incremento di microplastiche, con concentrazioni preoccupanti nel bacino del Mediterraneo, nell’area dello stretto di Gibilterra e al largo delle coste colombiane, nell’area della foce del Rio Magdalena”.
Preoccupanti sono inoltre i dati emersi dalle analisi sui metalli pesanti e sui metalloidi, effettuati nell’istituto universitario guidato dal commissario straordinario Salvatore Seminara. Il quale ha colto l’occasione per dire che “tutto ciò porterà a importanti riflessioni e chi di dovere sarà costretto a prendere decisioni e soluzioni significative per la tutela ambientale”.
Il comandante Davì, da parte sua, ha espresso soddisfazione per essere riuscito, ancora una volta, a essere parte attiva nella ricerca scientifica, attraverso il prelevamento dei campioni di acque poi consegnati ad ATeN Center di Unipa e a IZS Sicilia. “E’ stato per me un vero onore dare un contributo al lavoro svolto dai ricercatori, e tutto ciò – ha aggiunto - mi dà speranza per il futuro”.
Il navigatore ecologista non ha potuto fare a meno, nel giorno in cui sono stati illustrati i risultati raggiunti con il suo raid di 10.000 miglia, di ringraziare anche Suzuki, o meglio la filiazione italiana della Casa giapponese, che ha messo a disposizione i motori fuoribordo di ultima generazione, autentici gioielli hi-tech in grado non solo di assicurare ottime prestazioni, ma anche – particolare essenziale per imprese di questo tipo – di sviluppare tecnologie orientate all’abbattimento dei consumi e delle emissioni.
Del resto l’impegno dell’azienda giapponese su questi fronti è ben noto agli appassionati di nautica più sensibili alle problematiche ambientali. Al di là dell’efficientamento di ogni fase dei processi industriali e dei siti produttivi, Suzuki Motor Corporation è infatti attenta alla salute del pianeta e dei mari, e per questo ha dato vita al Clean Ocean Project e alla campagna internazionale Suzuki Clean Up, che ha visto oltre 12.000 dipendenti della multinazionale nipponica impegnati in tutto il mondo a ripulire il pianeta.
La casa di Hamamatsu, inoltre, ha ridotto l’uso della plastica nel packaging, utilizzando imballaggi eco-friendly, con una riduzione dell’utilizzo della plastica pari a 23 tonnellate, e dal 2020 ha dotato 5 modelli della sua gamma di fuoribordo della tecnologia “lavalacqua”, un sistema di filtraggio denominato Micro Plastic Collector in grado di catturare le microplastiche presenti in acqua durante la navigazione.
Se non bastasse, Suzuki Italia ha appena stretto un accordo di collaborazione con FIPSAS (Federazione Italiana Pesca Sportiva e Attività Subacquee) per dare vita a Pulifondali & Pulispiagge, un progetto mirato a svolgere, dal 21 maggio al 5 giugno, attività di pulizia dei fondali marini e degli arenili. Clou della manifestazione sarà il 5 giugno, Giornata internazionale dell’ambiente.