Il managing director di Nissan Italia, Marco Toro (il secondo da sinistra) insieme ai fratelli Marco Maria, Giovanni Maria e Simone Maria Apollonj Ghetti con il padre Giacomo.

Apollonj Ghetti (Autogiapponese): «Insieme a Nissan per la qualità e la soddisfazione del cliente»

di Nicola Desiderio
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Marco Maria Apollonj Ghetti e, insieme al fratello Simone Maria, il titolare di Autogiapponese, la concessionaria di Roma che per la quarta volta in 5 anni si è aggiudicato il Nissan Global Award, il premio che viene conferito a livello mondiale a tre concessionarie Nissan in tutto il mondo per ogni paese. «A dire il vero – esordisce Marco Apollonj Ghetti – ne abbiamo vinti 8, considerando quando questo premio era solo nazionale. Da quando invece è globale, è la quarta volta ed la prima che siamo primi. Nelle altre occasioni eravamo arrivati secondi o terzi».

I criteri fondamentali per questo premio sono tre: i risultati commerciali, il post-vendita e il grado di soddisfazione del cliente. Quali di questi ingredienti è, secondo lei, il più importante per un concessionario?

«Sono tutti e tre fondamentali Perché hanno pari importanza per la customer journey del cliente. Il cliente si avvicina al mondo Nissan, acquista una delle sue vetture, la tiene per alcuni anni e durante questo periodo rimane in contatto con noi attraverso l’assistenza, sia per la manutenzione ordinaria sia per alcune problematiche che possono insorgere. La qualità è fondamentale perché solo in base a questa il cliente si lega, si affeziona al marchio e dunque ricompra il marchio. Per questo non c’è un elemento predominante sull’altro, ma è la loro unione a fare la differenza».

Voi siete un concessionario multimarchio e avete dunque esperienza con altri brand. Si assomigliano tutti o Nissan si distingue nei modi in cui viene cercata la soddisfazione del cliente?

«Tutti si concentrano sulla qualità e riconoscono premi variabili (sui margini, ndr) in base ai parametri di qualità. Nissan però si concentra di più sulla qualità che riguarda direttamente il cliente».

Quali sono, secondo lei e nella sua esperienza, gli elementi che determinano la soddisfazione del cliente?

«Secondo me, la prima cosa è rispondere al cliente e dargli una soluzione in tempi rapidi. Il nostro dovere è fornirgli la mobilità nel modo più rapido possibile. Questo si fa, banalmente, rispondendogli al telefono o prendendo rapidamente in carico la vettura per fargli sapere qual è la problematica che si è manifestata. Sono queste le azioni che ci distinguono di fronte al cliente».

Fino a poco fa qualcuno preconizzava un commercio delle automobili operato attraverso Internet e il superamento del concessionario. Invece si sta riscoprendo la sua importanza e il valore che ha sul proprio territorio di riferimento. Quali sono gli elementi che rendono ancora così importante il concessionario?

«La presenza e la visibilità del concessionario sul territorio, in particolare in prossimità di snodi viari importanti, sono due fattori molto importanti, non solo per il marchio ma anche per il concessionario. È importante anche avere più sedi. Ad esempio, siamo presenti ai Parioli e questo dà lustro al brand e al concessionario permettendo al cliente che deve fare assistenza e vive nel centro di Roma di non dover andare in periferia. Abbiamo anche molte nelle nostre sedi sul Grande Raccordo Anulare e quindi abbiamo accerchiato, in un certo senso, i nostri clienti. Anche Amazon sta pensando di aprire de punti fisici sul territorio, evidentemente perché la presenza sul territorio e la risorsa umana rimangono importanti. Noi tra l’altro abbiamo prodotti complessi che devono essere spiegati, capiti, visti, provati e che rappresentano per il cliente un grosso investimento».

Ogni marchio ha le proprie specificità e differenze: prodotti, processi, standard, immagine… voi invece come concessionari come vi ponete? Come vi ponete rispetto agli altri gruppi che operano sul territorio con le loro concessionarie e come vi differenziate?

«A questa domanda mi piacerebbe far rispondere un cliente o a chi comunque ci conosce. Io posso dire che il nostro atteggiamento è sempre molto umano, sia nei confronti delle persone che lavorano da noi sia dei clienti. Cerchiamo di fare le cose per bene e siamo maniacali su tutti i processi. Dietro ogni cosa che il cliente vede e non vede c’è tanto lavoro».

Lei ha parlato di customer journey. Quanto è importante, secondo lei, Internet per dare il via a questo viaggio del cliente all’interno del marchio? Internet serve anche al concessionario?

«Una volta era la casa automobilistica che faceva pubblicità e noi concessionari stavamo lì ad aspettare. Ora è tutto cambiato e anche noi, mentre seguiamo le linee strategiche stabilite dalla casa, mettiamo in campo i nostri strumenti digitali che sono importantissimi. Oggi la maggior parte della spesa di noi concessionari per il marketing è in sistemi digitali che trasformano i contatti in lead (una dimostrazione d’interesse, ndr). I lead vengono quindi gestiti da noi all’interno di un nostro ufficio, dove lavorano persone dotate di preparazione specifica».

All’interno della concessionaria le figure e le competenze sono cambiate. Una volta c’erano i venditori, gli addetti all’amministrazione e quelli dell’officina. Adesso le cose sono ben diverse…

«Le figure sono cambiate e la professionalità è aumentata notevolmente in tutti i settori. Un esempio è proprio l’ufficio per la gestione dei lead del quale parlavamo prima e che li distribuisce nei vari settori commerciali della concessionaria. In assistenza prima c’era il capo officina ad accogliere, oggi sono gli accettatori, un po’ figure commerciali e un po’ angeli custodi perché si prendono carico della vettura dal cliente e gestiscono direttamente le problematiche. Chi si occupa della diagnosi del veicolo non è un più un semplice meccanico, ma un meccatronico che ha seguito corsi di formazione ed è aggiornato di tutte le tecnologie che si trovano all’interno dei veicoli. Oggi l’automobile ha una parte meccanica e una parte elettrica sempre più importante e questo conta anche nella fase di consegna della vettura: prima bastava mettere le chiavi in mano al cliente e poco più, oggi è decisamente più complesso e dietro c’è tanta formazione. Per questo i marchi vogliono ancora che i concessionari rimangano e siano loro ambasciatori sul territorio».

E dunque torniamo al premio. In che senso un riconoscimento come il Nissan Global Award vi stimola a fare meglio e come vivete questa competizione?

«Il Nissan Global Award ci dà una motivazione quotidiana e raggiungere questo obiettivo e ci fa sapere che andiamo nella giusta direzione coronando i nostri sforzi con un riconoscimento ufficiale. Ogni anno poi è diverso dall’anno precedente perché cambiano le condizioni di mercato, cambiano i prodotti e i processi. Direi che è più una forma mentis che porta a mettere in pratica nel quotidiano le azioni derivate dalla nostra esperienza per soddisfare il cliente e quindi tenerlo con noi. Il premio è una conseguenza naturale: se arriva, è sempre meglio e fa piacere».

Vendere e comprare automobili oggi è molto più complesso di prima, soprattutto perché l’orizzonte non è ancora chiaro per quanto riguarda l’elettrificazione e i sistemi di propulsione. Come si vive direttamente sul mercato questa confusione?

«Questa e altre difficoltà ci sono, ma diciamo che questa confusione riguarda più il cliente. Noi concessionari siamo da sempre più orientati al cambiamento e alla trasformazione: dal diesel siamo già passati al benzina elettrificato e oggi il cliente che viene in concessionaria trova le sue risposte. Il suo problema fondamentale è non comprare oggi una cosa che è superata poco dopo o non si potrà usare nella vita quotidiana. Il futuro a 10 anni è sicuramente più incerto: elettrico, ibrido o biocarburanti o altro… sono cose più grandi di noi che si decidono a livelli molto più alti. Per allora ci attrezzeremo e saremo pronti per quello che il costruttore ci darà da vendere».

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Martedì 8 Ottobre 2024 - Ultimo aggiornamento: 14:32 | © RIPRODUZIONE RISERVATA