Auto, gli ecoincentivi un'elemosina di Stato: pochi soldi, già finiti

Auto, gli ecoincentivi un'elemosina di Stato: pochi soldi, già finiti

di Giorgio Ursicino
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Giovanni Agnelli e Enzo Ferrari, Vincenzo Lancia e Alfieri Maserati, Ettore Bugatti e Ferruccio Lamborghini. Ha una chance di entrare fra gli italiani che hanno fatto la storia dell'auto anche Gianluca Benamati, serissimo ingegnere chimico ed esperto di energia, attualmente a Montecitorio sui banchi del Pd. In una delicata fase di post Covid, con l'economia in crisi e il mercato delle vetture che rischia di naufragare, il deputato emiliano ha avuto il non trascurabile merito di darsi molto da fare per inserire le vetture termiche fra quelle che hanno diritto agli eco-incentivi.

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In realtà, il provvedimento è la testimonianza che la nave è senza timoniere perché, per il settore che vale più punti di Pil ed è il maggior contribuente dello Stato, stanziare appena 50 milioni in un decreto che rende 55 miliardi ha tutta l'aria di essere uno scherzo. Ma la situazione è talmente disperata che gli addetti ai lavori hanno accettato di buon grado anche questo. Purché qualcosa si muova; sperando, come promette Benamati, che sia solo un «primo passo».

Con tutta la fiducia che riponiamo nel parlamentare, non sfugge però che all'estero le cose vanno un po' diversamente e, per trattare un argomento di tanto calibro, sono scesi in campo i leader dei Paesi, evitando di mandare allo sbaraglio un vicepresidente della Commissione Attività Produttive come siamo costretti a fare noi. In Germania, Angela Merkel considera l'auto un argomento nelle mani del Cancelliere, visto quanto incide sull'occupazione e sull'economia della locomotiva d'Europa. In Francia, Macron in persona ci ha messo la faccia. Il presidente della Repubblica e Capo dello Stato eletto a suffragio universale che, per cinque anni, è la guida incontrastata della Nazione.

L'inquilino dell'Eliseo ha parlato ai francesi ricordando, semmai ce ne fosse bisogno, quanto strategica sia l'auto. Poi ha messo sul piatto 8 miliardi (non 50 milioni...) promettendo, fra le altre cose, centomila colonnine di ricarica entro due anni. Invece da noi, prima del coraggioso blitz di Benamati, il governo aveva previsto i bonus solo per le auto con la spina, vetture che quasi nessuno compra perché non ci sono punti di ricarica. Con la confusione che fanno, si sono dimenticati di prevederli. Ora le promesse annunciano un piano, qualcosa di organico (c'è chi parla di 1 miliardo, tutto da verificare naturalmente).

L'unica opportunità di fare un po' di chiarezza oltre che reperire risorse adeguate alle necessità. Finora è stato alzato solo fumo, il modo più immediato per disincentivare il mercato. Come si può sperare che i consumatori impegnino i loro soldi, non sapendo se il costoso oggetto che comprano è buono oppure è una fregatura? Con l'emendamento al decreto Rilancio si è socchiusa (finalmente) la porta anche alle vetture con motore a scoppio, quelle che emettono da 61 a 110 grammi al chilometro di CO2. Bene, un filo di luce. Se l'esecutivo ci mette i soldi buoni dei contribuenti per incentivare anche le auto benzina e diesel significa che saranno adeguate. E c'è la speranza fondata che l'amministrazione della Capitale non le blocchi alla prossima occasione con la scusa che sarebbero inquinanti.

Ma in attesa che il Parlamento decida, l'automobilista non compra, sta alla finestra in attesa che si chiariscano le idee. Volendo, in questa circostanza, una bella mano l'ha data il lockdown, ma non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire. Quando le vetture erano tutte ferme e il traffico inesistente, le polveri sottili a Roma hanno raggiunto livelli record. Quindi, argomentare che le vetture a gasolio Euro 6 abbiano implicazioni con il particolato è come sostenere che il problema dell'innalzamento della temperatura del pianeta si può risolvere evitando di accendere una sigaretta. Ma c'è di più. Il caos non è solo nella Capitale. Con Milano, si sa, c'è un'eterna sfida aperta e il capoluogo lombardo rivendica la leadership di chi fa come gli pare, in barba al cittadino-elettore.

Le auto che ora il governo ha promosso perché ecologiche con il voto della maggioranza dei parlamentari, nella capitale economica del Paese non possono essere pubblicizzate in quanto, in questo particolare caso, le case automobilistiche sono state accomunate ai venditori di armi. Se non fosse una cosa seria, ci sarebbe da morir dal ridere. Ma al paradosso non c'è limite. I 50 milioni che il deputato della Motor Valley, con i motori nel cuore che lo riempiono d'orgoglio, è riuscito a far passare al caldo di luglio sono una cifra ingente rispetto al milione stanziato dal sindaco Giuseppe Sala per diffondere le auto verdi a Milano (anche qui ci sono pure le termiche...). Roba sufficiente per qualche centinaia di auto, e quando il provvedimento è stato annunciato la cifra era già esaurita. Risultato? I clienti aspettano il prossimo bonus e non comprano. Siamo l'unico paese dove gli incentivi vengono usati per disincentivare.

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Giovedì 16 Luglio 2020 - Ultimo aggiornamento: 17-07-2020 10:31 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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