Yutu, il primo lunar rover cinese

L'auto sulla Luna. Russi, cinesi e americani: tante ruote tra mari e crateri

di Nicola Desiderio
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INGOLSTADT - Era il 20 luglio 1969 quando un uomo mise piede sulla Luna per la prima volta. Si chiamava Neil Armstrong ed era atterrato insieme a Buzz Aldrin sulla Apollo 11 mentre Michael Collins era rimasto in orbita per manovrare il modulo di comando che avrebbe ricondotto i due compagni a casa e portato al successo la missione Apollo 11. Gli Usa avevano vinto dunque la corsa alla Luna al fotofinish sull’Unione Sovietica che già nel 1959 aveva inviato la prima sonda Luna 2 e nel novembre del 1970 avrebbe fatto atterrare sul satellite naturale il primo veicolo a ruote per esplorare il suolo lunare, il Lunokhod 1 battendo di qualche mese il Lunar Rover Vehicle americano. Ma mentre quello russo era un veicolo-robot a 8 ruote teleguidato, quello statunitense era un’automobile “quasi” vera realizzata da un consorzio di 21 aziende, del quale faceva parte anche la General Motors – che dunque è storicamente il primo costruttore automobilistico ad aver raggiunto la Luna – e condotta dagli stessi astronauti delle missioni Apollo 15, 16 e 17.

L’LRV era una sorta di telaio senza carrozzeria con due sedili in fettuccia di nylon, antenna ad ombrello capovolto e tutta l’attrezzatura necessaria per le attività di rilevazione, ricerca e trasmissione, ma anticipava molte soluzioni che si sarebbero viste qualche decennio dopo sulle normali automobili come il sistema di navigazione, i motori elettrici, il fatto che fossero alloggiati all’interno di ciascuna delle ruote, tutte sterzanti, e fossero alimentati da una batteria sdraiata sul fondo. Allora era del tipo zinco-argento, era composta di 25 elementi, funzionava a 36 Volt e aveva una capacità di circa 4,3 kWh, sufficienti per meno di 40 km di autonomia.

Gli LRV ne totalizzarono non più di 90 in tutte e tre le missioni e neppure raggiunsero la velocità massima di 16 km/h, ma grazie al peso di 210 kg che si riduceva ad un sesto sulla Luna, un cv di potenza totale gli era sufficiente per superare pendenze del 30%. I LRV permisero di raccogliere 104 kg di materiale e, alla fine delle missioni, furono lasciati sulla Luna, ma ne sono state realizzate delle repliche, una delle quali proprio in Italia dalla Marangoni, nell’ambito di un progetto di ricerca in collaborazione con il museo civico di Rovereto, ed esposta nel 2009 in occasione di H2Roma.

Dopo il 1972 nessun uomo ha più guidato né tantomeno messo piede sulla Luna mentre sono atterrati altri Lukohod, che negli anni hanno mantenuto la loro forma di pentolone con il coperchio sollevato, e anche i cinesi, ultimi arrivati nella corsa alla Luna con i loro Yutu. Anche la NASA ha continuato a mandare robot, come la sonda Opportunity che nel 2004 ha stabilito il record tutt’ora imbattuto di percorrenza sulla Luna di 40 chilometri e 250 metri, ma ne sta studiando anche altri come l’Athlete, una sorta di ragno a 6 zampe le cui estremità sono provviste di ruote. Anche l’India sta preparando un proprio lunar rover per la missione Chandrayaan-2 e sarà anch’esso un robot. Del resto, con l’auto a guida autonoma in arrivo sulla Terra, perché fare diversamente per la Luna?
 

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Lunedì 23 Gennaio 2017 - Ultimo aggiornamento: 24-01-2017 13:49 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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