Il nuovo Ram Heavy Duty protagonista al salone di Detroit 2019

Detroit, un salone in chiaroscuro: l'Europa volta le spalle alla storica kermesse americana

di Giorgio Ursicino
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DETROIT - Il freddo c’è sempre, ma si respira un’atmosfera diversa. Dopo trent’anni da protagonista, anche il Salone di Detroit, il mitico North American International Auto Show, deve fare i conti con la tempesta globale che sembra aver preso di mira le esposizioni di vetture. La capitale mondiale dell’auto, la sede delle Big Three che da sole sfornano un quinto della produzione mondiale, aveva iniziato ad organizzare il suo salone dell’era moderna nel non lontano 1989 e per tutto lo scorso millennio sono stati fuochi d’artificio in grado di mettere in ombra i più affermati motor show di Ginevra, Parigi e Francoforte. La Cina non era ancora decollata e Pechino e Shanghai non facevano certo paura. Spettacoli, show, esibizioni, nulla veniva trascurato per svelare le numerose anteprime mondiali, sia dei giganti di casa sia dei rivali di altri continenti attratti dalla ricchezza del mercato locale e dal prestigio del palcoscenico.

Le terribile crisi del 2008 sembrava aver messo fine ai giochi, il tonfo dell’industria Usa trascinava nel baratro anche il suo salone più importante. Due anni, forse tre, di lacrime e sangue, con stand poveri e nessun sorriso. Ma i cow boy hanno ribadito che sanno rialzarsi rapidamente e il motor show si è ripreso al pari del mercato in crescita per anni a doppia cifra. Un salone nuovo, diverso. Più concreto, ma altrettanto bello. Ospitato al Cobo, il quartiere fieristico di gran lunga migliore per organizzare un’esposizione di auto. Sia come sia, anche a Detroit ci sono state le prime defezioni e un assente ha tirato l’altro. Prima i brand di lusso, poi quelli ad alte prestazioni; quindi si sono aggiunti i premium, soprattutto europei, marchi fondamentali per far sognare. Così quest’anno ad attraversare l’Atlantico, oltre alle aziende di Fca che giocano un po’ in casa perché il Gruppo controllato da Exor è industrialmente italo-americano, è stata solo Volkswagen. Certo c’era la Passat americana da svelare, ma soprattutto c’era da avviare il nuovo corso che prevede un’alleanza strategica-globale con Ford e che consentirà anche al gigante di Wolfsburg di sentirsi più a casa in America.

Per il resto molta tristezza. Mancava la Ferrari e la Maserati, la Lamborgini e la McLaren, la Bentley e la Rolls Royce. La Aston Martin. Salendo con i volumi e con i fatturati non si potevano ammirare le Porsche e le Volvo e nemmeno le Bmw e le Audi. Mancavano addirittura le Mercedes per anni alleate con le Chrysler. Eppure nessuno trascura l’importanza di Detroit, lo show che oggi apre al pubblico è stato già visto da circa 5 mila giornalisti e ha ospitato oltre 10 dei 15 manager automotive più importati del pianeta. Per rilanciare, gli organizzatori hanno deciso di cambiare data, dal prossimo anno il Naias si farà a giugno. Tutti sperano che la ricetta funzioni, di certo il freddo del Michigan a gennaio ci mancherà.
 

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Giovedì 14 Febbraio 2019 - Ultimo aggiornamento: 12:01 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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