Ferrari, rivoluzione della specie. La 499P ha trionfato a Le Mans con numerose innovazioni. Alcune sono adottate dalla F80

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Coletta, Ferrari: «Riportare il Cavallino al vertice delle corse endurance è un sogno, ma siamo solo all'inizio»

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Il progresso non si ferma mai e, per andare ancora più veloce, a volte sale su un’auto da corsa come la Ferrari 499P, l’Hypercar con la quale la casa di Maranello è tornata dopo 50 anni nella massima categoria delle gare di durata vincendo tre edizioni di fila della 24 Ore di Le Mans. E ogni volta con equipaggi di piloti diversi. Tuttavia dietro queste vittorie ci sono uomini e tecnologie avanzate che, come è tradizione per Ferrari, hanno trovato applicazione sull’ultima supersportiva F80, anzi i due progetti sono nati parallelamente nel 2020 incrociando soluzioni che indicano chiaramente un trasferimento diretto e talvolta biunivoco tra il mondo delle competizioni e quello della strada. «Che si tratti di Formula 1, Endurance o stradali, noi utilizziamo le stesse metodologie e quindi quello che scopriamo in un ambito cerchiamo di trasferirlo subito nell’altro in modo quasi maniacale. Il nostro know-how è unico e fondante per qualsiasi tipo di vettura» afferma Ferdinando Cannizzo, Head of Endurance Race Cars di Ferrari e responsabile tecnico del progetto della 499P, all’interno del programma Hypercar diretto da Antonello Coletta. La comunanza tra pista e strada inizia proprio dai metodi con cui si progettano un’auto da corsa o una targata. E tra le due non esiste un abisso nel come vengono messe a punto.

«Un’auto stradale – ci spiega il tecnico che lavora a Maranello dal 1996 – subisce diversi loop durante lo sviluppo fino a quando viene validata e industrializzata per essere prodotta, invece l’auto da competizione compie una specie di sviluppo prototipale spingendo al massimo le prestazioni e la resistenza. Le informazioni che ne traiamo possono essere utili per i componenti della vettura stradale». In ogni caso, lo strumento principale è la simulazione e la parola d’ordine è “correlazione” ovvero la capacità di queste tecnologie di riprodurre virtualmente e dunque prevedere al meglio quello che la macchina farà nella realtà. «Noi in Ferrari utilizziamo le stesse strutture per sviluppare le nostre auto da corsa e le stradali, anche se i vincoli e gli obiettivi sono ben diversi». Quelli della pista provengono dai regolamenti tecnici e sportivi, quelli del mondo normale dalle normative sulla sicurezza e quelle sui consumi sulla sostenibilità ambientale. Ecco due aree dove il dialogo tra i due mondi rappresenta oramai una necessità. Da tempo la FIA prevede standard di sicurezza severissimi per le auto da competizione, da valutare con crash test analogamente alle stradali, ma lo scambio diventa simbiosi nel caso di modelli come la 296 impiegato anche per le corse. «Quando sviluppiamo una vettura che avrà un elevato utilizzo su pista come una Challenge o una GT3 – continua Cannizzo – trasferiamo gli stessi criteri delle vetture da corsa tout court a quelle stradali anzi li includiamo in quelli di progettazione».

Quanto al rispetto ambientale, anch’esso fa parte ormai delle corse. «Noi come team – ricorda il tecnico delle Rosse – abbiamo vinto per la terza volta il Sustainable Endurance Award dato dall’ACO (Automobile Club de l’Ouest che organizza la 24 Ore di Le Mans, ndr) e per noi la sostenibilità abbraccia tutte le attività in pista, nel paddock e anche i materiali di consumo. Tracciamo e misuriamo tutto in termini di impatto di CO2 dandoci obiettivi sempre più stringenti e, anche se un regolamento in merito non esiste ancora, sappiamo che potrebbe arrivare e cerchiamo di essere pronti. Anche in questo caso, abbiamo chiesto aiuto ai colleghi delle auto di produzione sfruttando lo stesso strumento di misurazione messo a punto da loro. In questo caso dunque il trasferimento è più dalla strada alla pista». E poi c’è la natura stessa delle corse di durata e della 499P che deve sottostare a limiti di consumo ed è spinta da un sistema ibrido che contiene più di un riferimento alla produzione di serie. Lo schema del motore termico posteriore e del motogeneratore elettrico anteriore della Hypercar da circa 700 cv è lo stesso della F80, ma con una potenza totale di 1.200 cv. Identico è il V6 3 litri biturbo con bancate a 120 gradi che sulla stradale ha 900 cv (300 cv/litro) che, così come sull’auto da corsa, è inclinato in avanti di 1,3 gradi insieme al cambio per aumentare l’estensione dell’estrattore posteriore. L’aerodinamica e le sospensioni attive sono vietate nell’Endurance, ma la forma dell’abitacolo, con due posti sfalsati per renderlo più stretto, e il frontale triplano sono quelli della 499P permettendo di ridurre la resistenza e avere la massima stabilità in ogni condizione.

L’unità elettrica non è la stessa, ma ha la stessa struttura e sfrutta lo stesso know-how per i materiali magnetici utilizzati. Anche le celle della batteria a 800 Volt sfruttano le conoscenze accumulate nel FIA WEC e con la monoposto F1. L’ibrido dell’Endurance è “illogico” perché la parte elettrica, che sui sistemi stradali e in Formula 1 è utilizzata a velocità basse e medie, può entrare in azione solo oltre i 190 km/h, ma Cannizzo afferma che anche da questo “assurdo” concettuale hanno appreso molto. «A volte i vincoli – afferma il tecnico nato a Penne (Abruzzo) – danno la possibilità di studiare per ottenere il meglio da quello che è concesso fare. Con la 499P abbiamo imparato quando recuperare l’energia e come utilizzarla nel modo più intelligente possibile, ad esempio ottimizzando il consumo complessivo della macchina insieme a chi ha sviluppato la F80 perché avere un software che ci permette di gestire efficacemente l’energia è importante sia per le vetture da corsa sia per le stradali».
Ma come mettere insieme il lavoro scientifico con la sensibilità umana creando capolavori di tecnologia che vincono ed emozionano? «È il cuore di tutto e in questo il ruolo degli strumenti di simulazione è importantissimo, ma ci sono ancora cose che ancora non si possono prevedere come le condizioni che troveremo in pista. Consideriamo poi che ogni 499P deve resistere per 24 Ore e va guidata da tre piloti diversi, con carichi, gomme e asfalto che variano nel corso di ogni gara». Si tratta di condizioni e obiettivi praticamente coincidenti con quelli delle vetture di serie. «Esattamente: il lavoro in pista e al simulatore con i piloti alla fine dà un contributo fondamentale – conclude Cannizzo – a sviluppare auto stradali veloci e appaganti, ma anche affidabili, sicure e guidabili da tutti, che si viaggi da solo in 4 e con i bagagli, con il serbatoio pieno o a metà, le ruote nuove o consumate, con il sole o la pioggia». E, aggiungiamo noi, a Le Mans, come su una statale.




