Il catamarano di Land Rover BAR

Land Rover vola sulla Coppa America: alla Barcolana lanciata la sfida al mitico trofeo

di Giampiero Bottino
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TRIESTE - Barcolana 2016. Una delle più belle che si ricordino, con vento forte il giusto, mare calmo e cielo terso. L’edizione n° 48 della più affollata manifestazione velica del Mediterraneo (1.760 barche partecipanti, un lenzuolo di vele a tappezzare di bianco l’intero golfo di Trieste) ha mantenuto fede alle aspettative e alla tradizione: un grande appuntamento con la passione per il mare, aperto alle barche più titolate come ai velisti della domenica.
Una festa del mare in cui la vittoria assoluta è affare per pochi, come Alfa Romeo Shockwave che quest’anno ha trionfato con un tempo record (59 minuti e 59 secondi) grazie alla maestrìa dei fratelli Furio e Gabriele Benussi. Triestini, a rendere la festa ancora più grande. Per le altre centinaia di skipper, vincere significa precedere il vicino di casa, l’amico del cuore, il compagno di lavoro. E soprattutto godere assieme agli altri di uno sport che la Barcolana interpreta nel rispetto della tradizione con barche rigorosamente monoscafo che non devono necessariamente rappresentare l’ultimo grido della tecnica progettuale.

Contraddizione solo apparente, la finestra aperta sul futuro di questo affascinante sport da Land Rover, sponsor della “regata delle regate” per il quarto anno consecutivo, che non solo ha scelto Trieste per la seconda uscita ufficiale (dopo il debutto di inizio ottobre al Salone di Parigi) della nuova Discovery, analogamente a quanto fatto nel 2014 con la Discovery Sport, ma ha approfittato dell’imperdibile appuntamento per presentare al “popolo del vento”, convenuto in massa sulle Rive (il lungomare del capoluogo giuliano), quella che può essere considerata la più avanzata frontiera tecnologica della vela, rappresentata dai vertici del team Land Rover BAR. Un gruppo di specialisti ai massimi livelli nei rispettivi campi di competenza tecnica, sportiva e gestionale, accomunati da un unico obiettivo che li potrebbe far entrare nella storia del Regno Unito: portare a casa per la prima volta l’America’s Cup, il più antico trofeo sportivo praticato ancora oggi, il sogno di ogni skipper. Una coppa inventata dagli stessi britannici con la sfida lanciata nel 1851 dal Royal Yacht Squadron al New York Yacht Club, che inflisse ai sussiegosi rivali un’umiliante – e fino ad oggi mai vendicata – sconfitta.

Per “lavare l’onta” non hanno badato a spese, con un budget più che generoso – 110 milioni di sterline, oltre 120 milioni di euro – e il contributo non solo finanziario di Land Rover, che nella sua qualità di “Exclusive innovation partner” ha messo a disposizione i suoi tecnici e le sue straordinarie risorse tecnologiche per mettere le ali ai piedi al catamarano “volante” che – una volta superate le World Series ormai prossime alla conclusione in Giappone con il team britannico in testa – affronterà eliminatorie e play-off in programma a maggio alle Bermude (con la partecipazione del Defender, mai prevista prima e introdotta dal nuovo regolamento che ha indotto Luna Rossa a un polemico ritiro), puntando alla sfida decisiva prevista in giugno a San Francisco, casa del Defender Oracle Team Usa. Mauricio Muñoz, performance engineer arrivato da JLR, spiega in quali aree le risorse tecnologiche del gruppo si sono rivelate più utili: aerodinamica e fluidodinamica computazionale, interfaccia uomo-macchina per semplificare l’uso del catamarano, analisi dei dati e delle performance che è «un lavoro enorme, visto che scarichiamo circa 16 GB al giorno di dati con la misurazione di tutti i parametri, rispetto agli 1,5 GB raccolti durante lo sviluppo del Discovery».

Da parte sua il Ceo del team Martin Whitmarsh, una lunga carriera in McLaren nel momento migliore della scuderia inglese, coronato da 100 GP e 8 titoli mondiali vinti, sottolinea come questo contributo tecnologico e l’utilizzo dei foil, le appendici aerodinamiche che consentono ai catamarani di volare alti sull’acqua, contribuiscano a raggiungere tre volte la velocità del vento, con punte di 85 km all’ora e solo l’1% della superficie totale della barca (ma possiamo ancora chiamarla così?) a contatto con l’acqua: «Se potessi, vorrei che la nostra imbarcazione, che nella versione definitiva per le regate alle Bermude sarà svelata a gennaio, volasse così dalla partenza all’arrivo». Al timone della squadra c’è un “Team principal” d’eccezione, una leggenda che a Trieste ha fatto sognare gli appassionati e che per molti è il più grande velista di tutti i tempi: Sir Ben Ainslie, 5 medaglie (una d’argento e 4 d’oro) in altrettante Olimpiadi, una sfilza di titoli mondiali, una America’s Cup – l’ultima, del 2013 – vinta come tattico di Oracle, proprio il rivale a cui spera di strappare il trofeo. Con una vittoria che, se arrivasse, consentirebbe a Land Rover BAR di modificare il regolamento. Come? «Con la collaborazione degli altri team, vorrei dare maggiore continuità a una manifestazione troppo frammentata».
 

 

 

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Martedì 18 Ottobre 2016 - Ultimo aggiornamento: 19:27 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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