Un'imbarcazione in navigazione nei mari della Penisola

Scontro fra la “nautica” e la Finanza
Ucina: «Basta con le persecuzioni»

di Sergio Troise
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NAPOLI - E’ guerra aperta tra il mondo della nautica da diporto e la Guardia di Finanza. Dopo le infinite polemiche legate all’equazione “diportista uguale evasore” e alle lunghe trattative con il governo per scongiurare la tassa di stazionamento trasformandola in tassa di possesso, esplode un altro caso che compromette seriamente la situazione: è accaduto infatti che nel pieno della stagione turistica le Fiamme Gialle hanno inferto un duro colpo al turismo nautico, multando un cittadino francese in Sardegna. «Un verbale immotivato, frutto di un palese errore dei finanzieri. Diciamo basta alla guerra delle Fiamme Gialle» tuona il presidente di Ucina Confindustria Nautica, Albertoni, stanco di mediazioni, chiarimenti, trattative mirate a salvaguardare un settore decimato dalla crisi e impegnato a difendere produzioni e posti di lavoro.

A sollevare una polemica così aspra
è stato l’episodio verificatosi a Sant’Antioco, nella Sardegna meridionale, dove il proprietario di una barca francese è stato multato per mancato pagamento della tassa di possesso (l’equivalente del cosiddetto bollo auto). Un provvedimento assolutamente immotivato, in quanto la legge prevede che la tassa di possesso sulle imbarcazioni superiori a 10 metri deve essere pagata esclusivamente dai cittadini italiani e non dagli stranieri. E’ stato deciso così, in sede governativa, dopo forti pressioni sul ministro Passera, proprio per scongiurare l’allontanamento dalle nostre rotte dei diportisti stranieri.

Eppure pare che il caso di Sant’Antioco non sia isolato.
Nell’ambiente monta la protesta e non è escluso che si arrivi al blocco dei porti. «La filiera della nautica – dice il presidente Albertoni - non può permettersi atteggiamenti approssimativi degli apparati di polizia, capaci di comportare danni incalcolabili al turismo nautico e alle stesse casse dell’erario. Così si dà il colpo di grazia a un comparto che si segnala come uno dei primi fra i trenta migliori settori manifatturieri italiani, uno dei pochi che ha il potenziale per ripartire e sopravanzare la locomotiva tedesca».

Non usa mezzi termini il numero uno dell’industria nautica italiana
, nel commentare quello che viene vissuto come l’«ennesimo ingiustificato exploit della Guardia di Finanza». Tanta animosità si spiega con la palese discrepanza tra ciò che prevede la normativa e ciò che è stato fatto in Sardegna. Sia la norma di legge, sia la circolare esplicativa 16E della Agenzia delle Entrate indicano infatti, con molta chiarezza, che la tassa di possesso sulle imbarcazioni riguarda i soli cittadini italiani, in qualunque parte del mondo tengano la barca, e non gli stranieri che soggiornano in Italia, anche se immatricolano l’unità nel nostro Paese. Se lo Stato avesse voluto, avrebbe introdotto la “tassa di stazionamento”, che invece è stata scartata proprio perché si sarebbe configurata come una tassa di soggiorno.

Ma ad irritare gli operatori del settore
non c’è solo il palese errore compiuto a Sant’Antioco: secondo le accuse di Ucina sarebbe censurabile anche l’atteggiamento tenuto dai finanzieri nei riguardi dei francesi multati in Sardegna. In un comunicato diffuso dall’associazione aderente a Confindustria si legge infatti che «non sono più tollerabili atteggiamenti da parte di uomini in divisa all’insegna del così è, e se non vi sta bene fate ricorso».

Secondo Ucina la Costa Smeralda avrebbe perso
anche un cliente importante (nel senso che con il suo Eclipse, un mega yacht lungo 165 metri, “muove” non poco l’economia locale) a causa di un altro errore clamoroso: la barca del magnate russo Abramovich è stata infatti “scacciata” dalla Costa Smeralda sulla base del cosiddetto decreto anti-inchini. Un decreto che riguarda le navi da crociera e non le imbarcazioni da diporto. «Ormai – protesta ancora Albertoni – siamo in uno stato di polizia del mare. Una situazione giustificata anche dalla necessità di dare un colpo all’evasione, ma dobbiamo rilevare che ogni modalità di azione alternativa e meno invasiva che abbiamo proposto non è stata neanche presa in considerazione. A cominciare dall’istituzione di un registro telematico delle imbarcazioni che renderebbe non più necessari gli abbordi in acqua. Adesso, poi, dopo la caccia alle streghe ci mettiamo pure l’applicazione fai-da-te delle leggi».

Scoramento e vis polemica nascono anche dal fatto
che a causa di questa miopia negli ultimi due anni il settore ha perso 20.000 addetti fra diretti e indotto. La crisi economica ha inciso per un 20% sull’export di imbarcazioni italiane, mentre il mercato domestico ha perso il 90% delle vendite. Non va meglio alla filiera turistica che secondo l’Osservatorio Nautico Nazionale a giugno ha registrato un -35% delle barche in transito rispetto all’anno precedente. «Tutto ciò nell’assordante silenzio dei media, del governo nazionale e regionale, della politica, delle istituzioni tutte», sostiene Ucina, incassando il pieno appoggio di Assomarinas, l’associazione nazionale dei porti turistici. Il cui presidente Roberto Perocchio dichiara, in perfetta sintonia: «Se sarà necessario andare oltre i gesti simbolici, imprenditori, addetti e operai della nautica sono pronti ad arrivare compatti al blocco dei porti nazionali. Se l’alternativa è chiudere o continuare a licenziare daremo battaglia in ogni modo».

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Sabato 4 Agosto 2012 - Ultimo aggiornamento: 17-09-2012 11:27 | © RIPRODUZIONE RISERVATA