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Porsche, attacco a tre punte: Macan, Panamera e 911. Il Suv EV è nuovo, l'ammiraglia termica ha performance top, il mito torna come GT3
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Una Porsche 911 ibrida? All’annuncio i puristi hanno gridato al tradimento. Va bene elettrificare tutti i modelli della casa di Zuffenhausen, ma lei proprio no: la Porsche delle Porsche deve rimanere fedele alle proprie origini continuando la storia iniziata nel 1963 e proseguita nel tempo con una serie impressionante di innovazioni e di vittorie sportive, dalla pista fino alla sabbia del deserto, ma rimanendo sempre fedele alla ricetta meccanica di base con motore 6 cilindri boxer posteriore.
I tecnici tedeschi hanno tuttavia promesso una soluzione ad hoc in grado di esaltare la sportività e l’intima natura della 911. Il risultato è il T-Hybrid, un sistema concettualmente identico a quello di una power unit di Formula 1 dunque composto da: un’unità termica, un solo turbocompressore elettrificato, un motogeneratore elettrico inserito nella trasmissione e una batteria di capacità ridotta, ma dotata di potenza elevata nonché molto veloce sia nell’incamerare sia nel liberare energia. Dunque nessun ricorso all’ibrido plug-in che promette guadagni di potenza e consumi con facilità, ma con grandi aggravi di peso. Uno schema simile è già stato adottato da Porsche sulla 919 Hybrid che ha vinto la 24 Ore di Le Mans, ma in quel caso il turbocompressore si limitava a recuperare l’energia dei gas di scarico che si sviluppava per oltre il 70% del tempo in cui il V4 litri funzionava al regime massimo.
La Porsche 911 GTS inoltre non è la prima 911 ibrida della storia. C’era già stata la 911 GT3 R Hybrid nel 2010, una versione da corsa che metteva insieme il 6 cilindri boxer aspirato 4 litri con due motogeneratori elettrici, ciascuno con 60 kW di potenza collegati alle rispettive ruote anteriori. Il sistema di accumulo era costituito non da una batteria, ma da un elettrovolano alloggiato al posto del sedile del passeggero. Fornito dalla Williams, era composto da una massa che girava all’interno di un contenitore sottovuoto fino a 40.000 giri/min avendo al centro un motogeneratore elettrico. Quando la vettura rallentava, i motogeneratori anteriori producevano l’energia che accelerava il volano. Quando invece serviva potenza in uscita di curva, l’elettrovolano riconvertiva l’energia cinetica accumulata in energia elettrica per le ruote anteriori. Questo stesso schema (ma con un solo motogeneratore anteriore) venne poi adottato dall’Audi R18 TDI E-Tron Quattro che vinse tre edizioni consecuive della 24 Ore di Le Mans tra il 2012 e il 2014.
Il sistema della nuova Porsche 911 assomiglia di più a quello di una Formula 1 attuale perché il turbocompressore fornito dalla Borg Warner è come la MGU-H, ha infatti un motogeneratore a 400 Volt coassiale alla girante che ha una doppia funzione. La prima è appunto produrre passivamente fino a 11 kW grazie alll’energia dei gas di scarico, che altrimenti sarebbe recuperata solo meccanicamente, ricaricando così la batteria in fasi nelle quali invece altri ibridi non possono recuperare. La seconda è accelerare con 20 kW di potenza e in pochi centesimi di secondo la girante stessa fino a 120.000 giri/min in modo da raggiungere la pressione massima di 1,3 bar e regolarla a piacimento senza la valvola wastegate visto che la velocità del compressore è indipendente dalla pressione dei gas di scarico. In questo modo si può regolare la giusta quantità d’aria in ogni momento, non solo in funzione delle prestazioni.
Tutti i motori a benzina infatti funzionano con una miscela aria-carburante pari a 14,7:1 nota come ʎ=1 che garantisce la combustione migliore e dunque la quantità minima di emissioni inquinanti. In realtà, ci sono fasi nelle quali il motore “ingrassa” la miscela, ovvero utilizza in proporzione più benzina. Questo accade quando si avvia e freddo e quando si stanno chiedendo le massime prestazioni, ovvero ad alto regime e a pieno carico sfruttando l’evaporazione della benzina in eccesso per raffreddare la carica e ridurre il pericolo del battito in testa. Con il turbocompressore elettrico si riesce a fornire invece il motore sempre della giusta quantità d’aria permettendogli di funzionare a ʎ=1 in ogni frangente, così come previsto dalle future normative Euro 7. E di farlo al momento giusto senza attendere che il turbocompressore raggiunga regimi e pressioni ideali.
L’MGU-K della situazione è invece costituito da un motore sincrono a magneti permanenti, spesso 55 mm e con 286 mm di diametro, che è inserito all’interno della scatola del cambio: solidale con il volano a doppia massa tra la doppia frizione e il 6 cilindri al quale è collegato senza l’interposizione di alcuna frizione. Dunque le due unità motrici sono sempre collegate tra di loro e girano agli stessi regimi. Non devono infatti essere mai disaccoppiate perché il sistema T-Hybrid non prevede che la 911 possa muoversi con il solo motore elettrico da 40 kW e 150 Nm, ma debba spingere oppure recuperare energia in frenata o in rilascio. Per questo, pur avendo una potenza da full-hybrid, il sistema T-Hybrid non lo è e concettualmente è piuttosto un mild-hybrid ad alta potenza. Mercedes ha già applicato il turbocompressore elettrico al suo 2 litri M139, ma su un sistema ricaricabile o con un mild-hybrid vero e proprio a 48 Volt.
Per integrarsi al meglio in un sistema elettrificato il 6 cilindri boxer di 3,6 litri si è liberato di ogni cinghia esterna lasciando la catena doppia solo per azionare la distribuzione e ha elettrificato le pompe del raffreddamento e del climatizzatore. Il turbocompressore inoltre, poiché non ne servono uno per bancata a geometria variabile per favorire la prontezza di risposta, è unico e posizionato sul lato destro del vano motore e riceve i gas di scarico dal lato inferiore mentre quello a sinistra è occupato dal silenziatore. Il tratto del sistema di scarico dedicato al post trattamento (catalizzatore e filtro antiparticolato) e alla valvola si trova posteriormente, di fronte al paraurti. Poco sopra si trovano la cassetta di aspirazione, dotata di risuonatori, e l’intercooler lasciando di fatto uno spazio libero sopra il 6 cilindri tanto che la sua altezza è diminuita di ben 110 mm e nello spazio lasciato libero è stato possibile sistemare tre componenti del sistema elettrico, ovvero l’inverter, il distributore di corrente e il convertitore DC/CC.
La batteria del sistema ibrido ha una capacità lorda di 1,9 kWh ed è composta da un recipiente esterno in alluminio e 216 celle cilindriche suddivise su due livelli e inframezzate da intercapedini ondulate dove scorre il liquido di raffreddamento. Porsche non ha voluto comunicare né le misure delle celle né la loro composizione chimica dicendo soltanto che la tecnologia deriva da quella impiegata dalla 963 nel WEC. Il peso è di soli 27 kg, quanto una normale batteria AGM a 12 Volt. Per i servizi c’è una batteria a 12 Volt al Litio-Ferro-Fosfato da 40 Ah che pesa solo 7 kg, un terzo di una normale batteria da 70 Ah. Grazie a quest’opera di riduzione, integrazione ed ottimizzazione, il peso della Porsche 911 Carrera GTS è salito di soli 50 kg, un dato sicuramente interessante anche per una vetture sportiva che rimane sotto i 1.600 kg.
Il 6 cilindri 3.6 eroga da solo 485 cv e 575 Nm, il sistema ibrido completo raggiunge 541 cv a 6.500 giri/min con la zona rossa a 7.500 giri/min con una coppia di 610 Nm costanti tra 1.900 e 6.000 giri/min. Quest’ultimo numero, impressionante già di suo, va corredato da altri dati come il fatto che già a 1.500 giri/min ci sono oltre 500 Nm, che la prontezza del motore elettrico è comunque immediata e, insieme ai ridottissimi tempi di risposta del turbocompressore, il sistema T-Hybrid genera i propri valori di coppia in meno di un secondo dal momento in cui il pilota schiaccia l’acceleratore contro gli oltre 3 secondi necessari al 3 litri dotato di due turbocompressori più piccoli. La prontezza si misura prima di tutto in accelerazione da fermo, con la versione a trazione integrale che chiude lo 0-100 km/h in 3 secondi netti e distanzia la precedente GTS di oltre 7 metri, ovvero una 911 e mezza.
Tuttavia questo sistema ibrido promette di fare ancora meglio nei transitori che penalizzano i motori a combustione interna, come le fasi di ripresa, soprattutto dopo un rallentamento, quelle di uscita dalle curve e, in generale, quelle affrontate a gas parzializzato. Il sistema inoltre provvede ad appiattire le fasi di cambiata, rendendole praticamente impercettibili con l’intervento dell’MGU-K nei passaggi di marcia. Questo permette anche di adottare un rapporto al ponte più lungo e di utilizzare più spesso le marce alte, a tutto vantaggio dei consumi e del comfort e, allo stesso tempo, con una maggiore capacità di cambiare passo ogni volta che si preme a fondo l’acceleratore e si chiede il massimo delle prestazioni. In quest’ultima situazione, il sistema impiega tutta la potenza erogabile dalla batteria e devia quella generata dall’MGU-H direttamente alla MGU-K. Tra gli effetti quantificabili ci sono i consumi solo di poco superiori (10,5 invece di 10,1 litri/100 km) rispetto alla Carrera da 394 cv, ovvero ben 147 cv in meno.
Tra gli effetti invece pratici e avvertibili, c’è la rumorosità del T-Hybrid. Grazie infatti alla conformazione dell’impianto di scarico, alla valvola parzializzatrice, ai risuonatori all’aspirazione e al fatto che il 6-boxer è di fatto più esposto, senza le pompe che ne assorbono direttamente l’energia meccanica formando uno spazio più ampio nella parte superiore del vano motore, la Porsche 911 GTS lascia avvertire ai propri occupanti un sound davvero coinvolgente. È infatti più metallico e meccanico rispetto a quello della Carrera e rimanda sia a quello delle versioni aspirate – non più disponibili, fatte salve le GT3 e GT3 RS – sia alle generazioni che adottavano ancora il raffreddamento ad aria. Anche e forse soprattutto in questo, il sistema T-Hybrid, invece che alienare l’essenza della 911, riesce addirittura ad esaltarla perpetrando il fascino di questa vettura e portandone le prestazioni e le sensazioni, ancora una volta, ad un livello superiore.