Aston Martin, Fernando Alonso sogna il terzo mondiale: «Nel 2026 l'ultima chance»
Valhalla, tra potenza e tecnologia da F1. Supercar Aston Martin a motore centrale e Phev: 1079 cv e 1100 Nm di coppia
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Quando Lionel Martin e Robert Bamford nel 1913 vinsero per la prima volta la Aston Hill, lo fecero con un telaio Isotta Fraschini sul quale avevano montato un 4 cilindri Coventry-Simplex. Sarà per questo evento fondativo che tra Aston Martin e l’Italia c’è da sempre un legame particolare. «C’è stato anche con le carrozzerie Zagato e Touring Superleggera – ricorda Marco Mattiacci, chief brand e commercial officer del celebre marchio automobilistico britannico – ma la verità è che questo legame è inevitabile perché Aston Martin è un mondo di bellezza e la nostra cultura umanistica ci permette di apprezzare determinati valori. Penso ad esempio al legame che c’è tra la sartoria napoletana e quella di Savile Row».
Sicuramente il legame tra Aston Martin e l’Italia sta nello stesso Mattiacci e nella pletora di manager e tecnici che nel 2020 sono approdati a Gaydon dopo l’arrivo della Lawrence Stroll che – manco a dirlo – è subentrato ad un altro italiano come Andrea Bonomi e del suo fondo Investindustrial. Sono Roberto Fedeli, Claudio Santoni, Claudio Della Casa, Giorgio Lasagni, Vincenzo Regazzoni e Amedeo Felisa che solo qualche mese fa, per sopravvenuti limiti d’età, ha lasciato la sua poltrona di amministratore delegato ad Adrian Hallmark: professionisti che hanno nel loro curriculum ruoli di primo piano all’interno di BMW, Ferrari, Lamborghini, Maserati e McLaren e che stanno guidando l’Aston Martin ad una rifondazione tecnica e di immagine. «Quando siamo arrivati 4 anni fa – ricorda Mattiacci – Aston Martin era design e british, ma mancavano gli aspetti della performance, della tecnologia, della dinamica del veicolo… stiamo aggiungendo un pezzo dopo l’altro al puzzle e oggi possiamo offrire qualcosa di unico, credibile dove i prodotti sfruttano le tecnologie che sviluppiamo nelle competizioni. Oggi il lusso è innovazione e c’è un appetito molto forte per il brand Aston Martin». Lo dicono, tra l’altro, i 250 esemplari venduti a 3 milioni di euro cadauno della Valkyrie, una sorta di Formula 1 stradale progettata dal genio Adrian Newey. E poi c’è la nuova gamma, a partire dalla DB12, continuando con la nuova Vantage, entrambe sia in versione coupé sia in quella scoperta che, come è noto, è denominata Volante, termine che di anglosassone non ha proprio nulla. Entrambe sono spinte da un V8 4 litri biturbo di origine AMG che eroga 665 cv sulla Vantage e 680 cv sulla DB 12, accoppiato in ogni caso ad un cambio automatico-sequenziale a 8 rapporti per uno 0-100 attorno ai 3,5 secondi e velocità oltre la soglia delle 200 miglia orarie che, per chi vive nel mondo del sistema metrico decimale, vogliono dire almeno 324 km/h.
Ma non c’è solo questo. Ci sono carreggiate più larghe, ammortizzatori e differenziale a controllo elettronico, freni Brembo (carboceramici a richiesta) e sistemi di controllo della dinamica regolati da un accelerometro a 6 assi. Insomma, quello che serve per avere tra le mani una GT che sa andare forte ed è tutta da guidare. E poi ci sono l’infotelematica di nuova generazione, mai vista su un’Aston, e la pelle Bridge Of Weir cucita a mano. Caratteristiche che ritroviamo anche sulla DBX recentemente rivista proprio negli interni, anche con tocchi di Alcantara. Qui il V8 tedesco fornisce ben 707 cv ed è accoppiato ad un cambio a 9 rapporti di origine AMG e alla trazione integrale per uno 0-100 in 3,3 secondi e una velocità massima di 310 km/h. «È il suv con il rapporto peso/potenza migliore al mondo e si guida come una sportiva» aggiunge Mattiacci che, oltre ad essere uomo di prodotto e di brand, è anche uomo di vendite e, come rappresentante della Aston Martin italiana, ci tiene molto a fare bene in patria.
Qui giochiamo il nostro campionato del mondo – afferma – perché qui i nostri clienti hanno una cultura della bellezza, motoristica e del lusso che è davvero unica. Fare bene in Italia è una cartina di tornasole fondamentale». E poi c’è il futuro. L’elettrico? Rimandato al 2027, ma si può contare su partner di prima grandezza come Lucid e Geely, grazie alle partecipazioni azionarie che li accomunano ad Aston Martin. Nel frattempo arriva la Valhalla, un’ibrida plug-in – la prima e non certo l’ultima – da oltre mille cavalli in fibra di carbonio e aerodinamica attiva con V8 biturbo centrale e tre motori elettrici in 999 pezzi da 750mila euro l’uno. «L’obiettivo è portare una special ogni 18 mesi» conclude Mattiacci menzionando la novità attesa a giorni: un nuovo V12, tutto Aston Martin da 835 cv. Lui non pronuncia la parola “Vanquish”, ma ci siamo capiti…