GENOVA - “Crescere in Italia, conquistare il mondo”. E’ questo il claim del Salone nautico di Genova, giunto alla 62ma edizione in un clima di grande fiducia per la “buona salute” dimostrata dal comparto nell’ultima stagione (quella apertasi il primo settembre 2021 e conclusasi il 31 agosto 2022) e ormai quasi pronto alla svolta epocale del 2023, quando saranno in buona parte completati i lavori del waterfront progettato da Renzo Piano e l’area fieristica si mostrerà in una veste rinnovata, degna di ospitare quello che gli organizzatori di Confindustria Nautica e le autorità locali (in testa il sindaco Bucci e il presidente della Regione Toti) intendono trasformare nel “Salone più importante del mondo”.
Una sfida ambiziosa e tuttavia credibile, vista la capacità di crescita già messa in mostra quest’anno, con oltre 1000 barche esposte su 200.000 metri quadri suddivisi in 5 aree tematiche: yachts e superyachts, sailing world, boating discovery, tech trade e living the sea. 168 le anteprime annunciate, 998 i brand in rappresentanza di paesi di 5 continenti e 651 giornalisti accreditati, in gran parte provenienti dall’estero. Secondo le prime proiezioni sulla vendita di biglietti on line è stato calcolato che l’incremento di visitatori potrebbe superare il 37%. Insomma, tra il 22 e il 27 settembre, in pieno clima elettorale, Genova si prepara a vivere in una sorta di bolla del piacere, come capitale di un mondo, quello della nautica da diporto, che non conosce crisi. Anzi, scoppia di salute.
Nel corso della giornata inaugurale sono stati illustrati tutti i numeri di un trend che si configura come un autentico boom. Nonostante la pandemia, la guerra, il costo dell’energia, la carenza di materie prime, l’inflazione, la scarsa attenzione della politica al turismo nautico e all’intera economia del mare… nonostante tutto, il comparto ha chiuso il bilancio dell’anno nautico apertosi il primo settembre 2021 e chiuso il 31 agosto 2022 con un incremento del fatturato del 31,1%. Un bilancio nettamente migliore rispetto alle previsioni degli stessi operatori del settore, che a febbraio 2021 avevano pronosticato un +23,8%, con un range di variazione del 5%.
In crescita sono in particolare le esportazioni, che negli ultimi due anni hanno avuto un’accelerazione inaspettata anche dagli analisti più accreditati. Nella presentazione del tradizionale dossier annuale “La Nautica in cifre” è stato specificato che nel 2021 il 76,1% della produzione è stato esportato (+33,6% rispetto al 2020 e +32% rispetto al 2019 pre Covid). Interessante anche il contributo al Pil: 2,89 per mille, con una crescita, in questo caso, del 31,3% sul 2020. Gli analisti di Confindustria Nautica hanno calcolato che negli ultimi 8 anni la crescita è stata del 163%, passando da 1,9 a 5,1 miliardi. E guardando al futuro pare che non ci sia tanto da preoccuparsi: le semestrali dei gruppi più forti sono state tutte positive e gli ordini registrati per nuove imbarcazioni proiettano le consegne, e i relativi ricavi, fino al 2024, in alcuni casi anche oltre.
Ciò detto, il presidente di Fondazione Edison, Marco Fortis, ha ammonito: “E’ vero che l’economia ha reagito al periodo complesso e che nel 2021 è stata la manifattura a trainare la ripresa e che oggi sono i servizi a favorire la continuità di quella ripresa, ed è vero anche che con una crescita di 3.5 percentuali del pil è molto probabile che il terzo trimestre prosegua positivamente, ma le incognite sono concentrate sul quarto trimestre. Le sfide – ha aggiunto l’esperto - sono legate ai settori energivori e delle materie prime, centrali per le nostre filiere. Sarà fondamentale mantenere la competitività dell’industria manifatturiera italiana rispetto agli altri paesi europei. Quella della nautica in particolare, da cui arrivano dati record sull’export e che più di tutti coniuga le capacità del made in Italy: tecnologia, design, innovazione ed eccellenza della meccanica”.
I prossimi mesi ci diranno cosa accadrà a fine anno solare. Intanto vale la pena ricordare che sono in controtendenza anche i dati sull’occupazione: gli addetti sono aumentati del 9,7% rispetto al 2020, arrivando a 26.350 dipendenti diretti, ai quali vanno sommati i lavoratori dell’indotto (un esercito composto da tecnici, designer, artigiani, operai). Se a tutto ciò aggiungiamo gli investimenti fatti sulla ricerca e sull’innovazione tecnologica, concentrate in particolare sulla transizione energetica, si avrà chiaro il quadro di un impegno a 360 gradi, che a Genova viene testimoniato dall’esposizione inaugurata alla presenza di due ministri uscenti, Giovannini per lo sviluppo economico, Garavaglia per il turismo. Quest’ultimo ha sottolineato come “la nautica sia una componente molto importante per l’industria del turismo”, mentre il suo collega Giovannini ha ricordato che “è pronto il regolamento di attuazione del Codice della nautica”.
Il presidente di Confindustria Carlo Bonomi si è complimentato per l’impegno e i successi delle aziende nautiche (“se tutti si fossero mostrati come loro in Italia staremmo meglio”) ma ha anche ricordato come le imprese italiane, nel loro complesso, “hanno fatto la loro parte nonostante siano state costrette a muoversi in un quadro di oggettive difficoltà, dalla pandemia alla crisi politica. Da tempo – ha aggiunto Bonomi – invochiamo misure strutturali, e ora dovremo riaprire il discorso con il prossimo esecutivo, con l’obiettivo primario di dare alle aziende la possibilità di creare nuovi posti di lavoro, unica strada per il benessere del Paese, come anche il Papa ci ha ricordato”.
Il numero 1 dell’associazione confindustriale ha ricordato che “l’economia del mare è una priorità di sviluppo” e che “servono investimenti a supporto dell’internazionalizzazione e della transizione energetica”. E ha concluso il suo intervento manifestando la consapevolezza che il prossimo governo dovrà necessariamente occuparsi di questi temi. Ma ha anche aggiunto, Bonomi, che Confindustria Nautica (la componente guidata da Saverio Cecchi) dovrà continuare sulla rotta intrapresa, affrontando prevedibili difficoltà, sapendo che “il mare calmo non fa un buon marinaio”.
Cecchi, da parte sua, ha ricordato le tre A che impongono all’associazione di essere Autonoma, Agovernativa e Apartitica, ma si è anche lamentato, una volta di più, della totale assenza dell’economia del mare dal dibattito politico e della scarsa consapevolezza dei meriti del comparto. “Dopo le elezioni – ha detto - servono visione e strumenti, una politica industriale che valorizzi le eccellenze e non ricorra sistematicamente a decreti, rinvii e circolari. Il bello e ben fatto è italiano, e ci auguriamo che tutti ne sappiano valutare l’importanza”.