«Stringi la cintura, resta senza respirare il più a lungo possibile». Sulla rete ci sono i video, c’è una chat con l’hashtag #BlackoutChallenge. E la sfida a trattenere il fiato più degli altri concorrenti potrebbe essere costata la vita a uno studente di 16 anni che si è strangolato con la cintura dei pantaloni. Antonio, nome di fantasia, venerdì notte, era davanti al computer, con il cappio al collo, agonizzante. A fare la scoperta è stato il fratello di 12 anni. La Procura ha aperto un’inchiesta per accertare se la morte sia “figlia” di gesti estremi diffusi sui social.
Mezzanotte della vigilia di Pasqua a Roseto degli Abruzzi. Lo studente, figlio di genitori romeni (padre operaio, madre casalinga, perfettamente integrati nella comunità locale), anche se lui è nato in Italia, è nella sua cameretta, mentre i tre fratellini più piccoli e i genitori sono in salotto a guardare la televisione. Il fratello di 12 anni, che condivide la stanza con lui, entra e vede Antonio esanime con la cintura stretta al collo: il bambino si mette a urlare e avverte il padre e la madre che allertano i soccorsi. I sanitari, appena arrivati, hanno cercato in tutti i modi di rianimare il ragazzo, un’operazione che è durata una quarantina di minuti, purtroppo tutti gli sforzi sono risultati vani. Sul luogo i carabinieri per i rilievi del caso ed ascoltare i parenti. Successivamente è arrivato anche il medico legale che non ha rilevato nessun segno di violenza sul corpo. Per questo, ora, il gesto è stato classificato come volontario senza una spiegazione, perché il ragazzo non ha lasciato nessuna lettera. Ma la procura di Teramo ha aperto un’inchiesta per induzione al suicidio per esplorare la pista della sfida social. La titolare del fascicolo, la pm Francesca Zani deciderà martedì se procedere con l’autopsia o restituire il corpo alla famiglia per la sepoltura. Il magistrato, infine, ha disposto anche il sequestro di tutti i pc e cellulari e nominato un tecnico per far esaminare l’apparecchiatura informatica.
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