Michael Schumacher e Fernando Alonso, un simbolico passaggio di consegne

Michael: il re che ha abdicato
due volte senza troppa convizione

di Giorgio Ursicino
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L’adrenalina, una vera droga. Chi ne ha provate dosi massicce sembra non possa più farne a meno. Il neurormone che aiuta il fisico dei super campioni a diventare quasi invincibili spesso fa brutti scherzi e rende dipendenti soprattutto i grandi piloti dalle emozioni che scatenano il pericolo e la velocità.

Così Michael Schumacher, che ha scritto due decenni di storia della Formula 1 vincendo come mai nessuno aveva fatto e riportando il titolo Piloti alla Ferrari dopo un digiuno di 21 anni, ha rischiato ancora una volta di farsi molto male pur di sfrecciare rapido. Schumi stava facendo una cosa normalissima, uno sport che fanno anche nonni e bambini. Stava sciando a pochi giorni dal suo 45° compleanno sulle magiche nevi di Meribel, in Alta Savoia. Proprio la velocità che tante volte gli è stata amica accompagnandolo ancora in vita nella leggenda questa volta lo ha tradito e Michael è finito gambe all’aria picchiando la testa violentemente su un masso.

Coccolato dall’affetto della moglie e dei due figli, il tedesco ha razionalmente staccato la spina due volte dalla sport professionistico senza riuscire però mai a rinunciare al fascino della velocità. Schumi con la velocità ci è cresciuto, è stato il suo latte. Ha imparato a conoscere il rombo dei motori ancora prima di comprendere le prime parole. Papà Rolf, infatti, gestiva una pista di kart a Kerpen e Michael lì gattonava prima di iniziare a fare controsterzi all’età di appena 4 anni. Da allora non si è più staccato da un motore o da qualcosa per andare veloce, anche sulla bianca e silenziosa neve.

Schumi in Formula 1 ha vinto 7 titoli e 91 gare, è sempre stato uno tosto. Tostissimo. Quando non ha avuto avversari ha corso contro se stesso pur di scrivere nuovi record e inventare nuove imprese. Nei sui 308 gran premi disputati, però, non viene ricordato come uno spavaldo dall’incidente facile. Vinse il primo titolo con la Benetton prendendo a ruotate Damon Hill in Australia e non riuscì a vincere il primo con la Ferrari nel ’97 ad Estoril proprio perché prese a ruotate Jacques Villeneuve. Toccate, contatti. Nulla di drammatico e nemmeno di spettacolare. La volta che ha rischiato di più la pelle non è stata per lavoro, ma per diletto.

Dopo il suo primo ritiro dal Circo della velocità stava provando sul circuito di Cartagena la Honda CBR 1000 Superbike e fini in terra battendo la testa. Come ieri in Alta Savoia. Era l’11 febbraio del 2009, Michael nella caduta perse i sensi, ma all’ospedale lo dichiarano fuori pericolo. A causa di alcune microfratture alla testa impiegò mesi per ritrovare la forma, rinunciando a prendere il posto dell’infortunato Massa alla Ferrari per firmare con la Mercedes che sognava di farlo ridiventare campione. Anche dopo il secondo ritiro Schumi non ha affatto spento i motori, infilandosi nel kart appena possibile.

A giustificare in parte il suo attaccamento alla velocità e alla competizione c’è il fatto che il più grande pilota di tutti i tempi si è ritirato due volte per scelta sua, ma forse mai pienamente convinto. Alla fine del 2006 la Ferrari certamente non lo appiedò (Michael arrivò 2° dietro Alonso vincendo sette gare), ma nell’atmosfera c’era la voglia di voler voltare pagina poiché un ciclo irripetibile si era concluso. Anche alla fine del 2012 Schumi ha detto basta, ma la Mercedes gli fece capire che era meglio così perché in tre anni Rosberg si era dimostrato più costante e consistente e Hamiltom era considerato il futuro. Forse, se avesse deciso lui come ha fatto il suo rivale Hakkinen, sarebbe stato diverso.

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Martedì 31 Dicembre 2013 - Ultimo aggiornamento: 22-02-2016 03:55 | © RIPRODUZIONE RISERVATA