Riforme, la linea del Colle: «La Costituzione va difesa»

Mattarella: «La Carta è stata scritta con saggezza e riguarda tutti da vicino»

Videomessaggio del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella alla Milano Civil week (foto di Francesco Ammendola - Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica)
di Andrea Bulleri
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Venerdì 10 Maggio 2024, 06:00

ROMA Una «conquista» che «riguarda tutti da vicino». E che come tale «va conosciuta, amata, difesa». Non invade il campo della politica discutendo di riforme, Sergio Mattarella (su quelle, sottolinea, «non posso esprimermi», perché «è al parlamento che la Carta assegna il potere di apportarle modifiche»). Ma dalle parole che il presidente della Repubblica sceglie per descrivere la Costituzione e rispondere alle domande dei ragazzi della Milano Civil week, si intuisce che nella visione del Colle, per mettere mano alla Carta è meglio ricorrere al cesello che al rullo compressore.

Mattarella: «Rafforzare la rete contro il tumore al seno»

Eccolo, l’avviso che il Quirinale consegna a partiti di maggioranza e opposizione nel pieno del muro contro muro sul premierato, la “madre di tutte le riforme” cara a Giorgia Meloni che è appena sbarcata a Palazzo Madama per lo sprint prima delle Europee. E contro cui Elly Schlein ha annunciato il no pasaràn: «Faremo muro con i nostri corpi», il grido di battaglia della segretaria pd.

I PRINCIPI
Mattarella, da parte sua, si limita a ricordare a tutti che «la nostra Costituzione è stata scritta con grande saggezza e altrettanta perizia, con norme – avverte il presidente – capaci di essere applicate persino a temi allora sconosciuti e a situazioni imprevedibili». Almeno per quanto riguarda la prima parte, quella dei diritti fondamentali. Su cui l’inquilino del Quirinale ravvisa «una tendenza», sempre più frequente negli ultimi anni, «a volere inserire nuove disposizioni su argomenti specifici». Trascurando il fatto che «quel che si vuole aggiungere nel testo è già chiaramente desumibile dalle sue norme, proprio per il carattere generale e duttile della loro formulazione». Insomma: meglio tradurli in pratica quegli articoli, pare suggerire Mattarella, che non affastellarne tanti altri: «Questo trasformerebbe la Costituzione in un albo di argomenti, in realtà vanificandone il senso e il ruolo», osserva. Invece «i nostri costituenti hanno redatto la Carta per i giovani, per le generazioni allora future. Anche per questo si basa su un impianto di valori e di principi, tradotti in norme capaci di applicarsi a quanto interverrà nel corso del tempo».

Una Carta che fu scritta «da brave persone», sorride Mattarella, collegato da Roma con l’evento che celebra la cittadinanza attiva (e quest’anno dedicato proprio alla legge fondamentale della Repubblica): «Brave nel senso latino di coraggiose, per cittadini altrettanto bravi e coraggiosi».

E nessuno, avverte, può affermare che la Costituzione non lo riguarda». Perché la Carta «ha generato la nostra Repubblica democratica, ha fatto crescere l'Italia e il suo prestigio nel mondo. È una conquista e va conosciuta, amata, difesa, vissuta ogni giorno». Per «accogliere nuovi bisogni», «tutelare chi si trova ai margini» e «affrontare le nuove sfide di convivenza e di pace».

Parole che il centrodestra che spinge per l’elezione diretta del premier non respinge al mittente. Anzi. La linea, dalle parti della maggioranza, è quella di rassicurare. Il testo del ddl Casellati, aveva ribadito pure Giorgia Meloni 48 ore fa alla Camera, è stato scritto «in punta di piedi, non a gamba tesa». Un intervento che per la premier «non stravolge la Costituzione», men che meno – è la convinzione a via della Scrofa – riduce le prerogative del Colle.

Sminare il terreno dalle accuse, è l’imperativo. Specie quelle che insistono su presunte frizioni con il Quirinale, che potrebbero avere un peso anche dal punto di vista dei consensi (considerata la popolarità di cui gode Mattarella). Ed è proprio questo, invece, il tasto su cui battono le opposizioni. Dai dem, che preparano una piazza tutta antigovernativa per il 2 giugno («la destra abbia il coraggio di dire che così si abbandona il modello parlamentare – tuona Francesco Boccia – e che il presidente della Repubblica non è più il garante della coesione del Paese»), ai 5S di Giuseppe Conte, che bolla la riforma come «avventurismo istituzionale senza capo né coda».

MURO CONTRO MURO
Il muro contro muro, insomma, prosegue. Né la proposta di inserire nel testo il ballottaggio (idea lanciata da un gruppo di costituzionalisti e “riformisti”) sembra aver smosso le acque. Difficile, insomma, che la discussione che si è arenata sulla riforma della Costituzione si riapra sull’assetto della futura legge elettorale. «La nostra posizione non è cambiata», fanno sapere i dem. «Finché non si sgombra il campo dall’elezione diretta del premier, un modello che non esiste da nessun’altra parte, non se ne parla». E in ogni caso «nessuno ci ha cercato. Da mesi. La volontà di dialogo è zero», suona l’accusa. Difficile pensare che i toni si ammorbidiranno tanto a breve, quando la discussione in Senato entrerà nel vivo e il gong delle Europee si farà più vicino.

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