Venti euro per un video hot e due euro al minuto per una sexchat. Le videochiamate bolletti invece tre euro ogni 60 secondi. E ancora possibilità di abbonamenti settimanali per 140 euro, che includevano l’invio di messaggi e video personalizzati dalla “fidanzata virtuale”. È il listino prezzi che il trentenne del Viterbese, arrestato pochi giorni fa, aveva pianificato con la sua fidanzata (nel frattempo diventata ex) per adescare clienti sul web.
Il 30enne è accusato di sfruttamento della prostituzione, estorsione, stalking e minacce. Ieri mattina, assistito dai suoi avvocati, è arrivato in Tribunale per l’interrogatorio di garanzia ma ha scelto il silenzio.
L'indagine è partita dopo la denuncia presentata dalla sua ex fidanzata che per giorni è stata sottoposta a violenza verbale e psicologica.
Le indagini, coordinate dalla procura, sono scattate a febbraio dopo un intervento di routine delle pattuglie dell'Arma. La donna aveva contattato i militari per una violenta lite con l'ex fidanzato, con cui si era da poco lasciata, che si sarebbe presentato sotto casa sua con fare molesto. Dagli accertamenti è emerso che la donna metteva dei suoi filmini hard su alcune piattaforme per adulti, tra cui Onlyfans e Instagram. Per realizzare e diffondere questi video sessualmente espliciti, si sarebbe fatta aiutare dal compagno 30enne fino alla separazione. L'uomo sarebbe stato, in particolare, il chatter, ossia colui che interagisce con i clienti della piattaforma contattandoli e mostrando loro il prezziario per le varie performance. Durante gli approfondimenti, però, gli investigatori hanno scoperto che il 30enne, nel chattare con i clienti e promuovere le offerte online, avrebbe simulato di essere la donna stessa, di fatto adescandoli.
Terminata la relazione, l'uomo avrebbe preteso di continuare a collaborare nell'attività social della ex, da cui avrebbe percepito il 40% degli introiti. In cifre, tra i cinquecento e i mille euro a settimana, fino a raggiungere una media di 3mila euro netti al mese. Un'attività redditizia, da cui il 30enne avrebbe preteso di non essere escluso iniziando a manifestare comportamenti caratterizzati da estrema violenza verbale e arrivando a minacciare ripetutamente la donna. Inoltre, avrebbe preteso ben 32mila euro come risarcimento per l'interruzione della "collaborazione". «Tocca lavorà e non hai lavorato. Abbiamo un contratto di lavoro, stasera si lavora dalle 18, sennò devo denunciare anche per quello».
Il 30enne dopo l’indagine della Procura è stato, con ordinanza del gip, sottoposto al carcere. L’accusa più grave è quella di sfruttamento della prostituzione. «Non è in dubbio - spiega la gip Savina Poli nell’ordinanza - che la giovane abbia svolto attività di prostituzione tramite i servizi a pagamento. Non può essere ritenuto determinante, ai fini della configurabilità dell'atto di prostituzione, l'elemento del contatto fisico tra il soggetto che si prostituisce e il fruitore della prestazione sessuale a pagamento, mentre lo è quello dell'interazione tra l'operatrice e il cliente». E una volta ritenuto che la vittima abbia svolto attività di prostituzione «occorre evidenziare - spiega ancora - che vi sono gravi indizi di colpevolezza a carico su sfruttamento della prostituzione della fidanzata. L'indagato nel ruolo di chatter prendeva contatti con i clienti e pattuiva il prezzo, le modalità di pagamento, la durata e la tipologia delle prestazioni sessuali, comunicando poi a lei tali dati, affinché potesse eseguire le prestazioni richieste».
Lo sfruttamento della prostituzione avrebbe avuto due fasi, la prima quella in cui i due erano ancora legati sentimentalmente andata avanti per un annetto. E la seconda parte quella in cui l’indagato, dopo aver rotto con lei, avrebbe preteso con “forza” che lei continuasse a onorare il contratto che aveva firmato. Di fatto obbligandola alla prostituzione. «È inequivocabile - conclude la gip nell’ordinanza - che abbia consapevolmente partecipato ai proventi dell'attività di meretrico».