La fuga al Nord per curarsi vale 5 miliardi. Fuori regione 19 milioni di prestazioni, le famiglie si indebitano

Ci si muove anche per piccoli interventi. Partenze dal Lazio (che però attrae il Sud)

La fuga al Nord per curarsi vale 5 miliardi. Fuori regione 19 milioni di prestazioni, le famiglie si indebitano
di Giacomo Andreoli
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Lunedì 6 Maggio 2024, 00:57 - Ultimo aggiornamento: 07:46

Fare le valigie e partire, spesso con gran parte della famiglia, spostandosi dalle Regioni del Sud verso il Settentrione. Con la speranza di trovare gli specialisti e le cure più adeguate. Non solo salva-vita, per patologie gravi come i tumori al cervello, ma perfino per piccoli interventi come calcoli o cisti, oppure riabilitazioni dopo gli infortuni muscolari. Lo chiamano turismo sanitario, ma più che un viaggio di piacere è una migrazione. Secondo un report realizzato da Adoc ed Eures che verrà presentato domani e che Il Messaggero ha potuto visionare in anteprima, si stima che la cosiddetta “mobilità sanitaria interregionale” sia arrivata a valere quasi 5 miliardi di euro l'anno. Una cifra record, in crescita del 15% rispetto all'ultima rilevazione. Insomma, tra centri specialistici inesistenti nei territori periferici e liste d'attesa interminabili, c'è un flusso che va per lo più verso il Nord e che muove oltre un quarto di quanto speso con l'ultima legge di Bilancio. 

Corrisponde a un esercito di oltre 19 milioni di prestazioni fatte in Regioni diverse da quella di residenza: una prestazione ogni tre italiani.

E per pagarle i cittadini sono costretti a tirar fuori dalle loro tasche sempre più soldi e perfino indebitarsi (oltre 1 miliardo di prestiti nel 2023), viste le carenze del Sistema sanitario nazionale, stretto tra scarso ricambio in corsia, pochi fondi, disorganizzazione e costi crescenti. Per la precisione gli italiani per curarsi nel 2022 hanno speso quasi 37 miliardi, oltre 110 euro a famiglia. È il 17% in più rispetto al 2012 e non tutti possono permetterselo. Tanto che in 4,5 milioni rinunciano alle cure. Non a caso, così, il quadro che emerge dai dati rielaborati dell'Istat, del ministero della Salute, dell'Agenas e dei sindacati viene ribattezzato da Adoc “radiografia di un diritto negato”. Una povertà sanitaria contro la quale l'associazione dei consumatori lancerà una campagna di sensibilizzazione, sponsorizzata da Rossana Banfi, la figlia del nonno Lino più famoso d'Italia.

ESODO VERSO IL PRIVATO

Dei 5 miliardi, 3,3 sono per ricoveri e visite o terapie. Gli altri per farmaci, cure termali e trasporti in ambulanza. Per le prime due voci le Regioni del Nord sono arrivate a guadagnare nel 2022 quasi 1 miliardo, la stessa cifra che è stata persa dal Mezzogiorno. Solo per i ricoveri ospedalieri dal Sud si sono spostati in 173mila, soprattutto da Campania, Puglia, Calabria e Sicilia. Per lo più verso Lombardia, Emilia Romagna, Veneto e Lazio. Il 66,9% delle prestazioni fatte spostandosi dalla propria provincia è offerto da strutture private, per lo più d'eccellenza. E dei 2,7 miliardi mossi per i ricoveri ben 900 milioni riguardano patologie di media complessità.
Le carenze strutturali al Sud sono evidenti: tra il 2012 e il 2022 gli ospedali e gli ambulatori specialistici sono diminuiti oltre la media nazionale. «Soprattutto per le patologie rare – aggiunge Pierino Di Silverio, segretario del sindacato Anaao-Assomed - al Sud i centri si contano sulle dita di una mano». Non solo: c'è un'offerta di posti letto di 3,5 posti ogni mille abitanti, contro i 3,8 al Centro e i 4 al Nord (comunque in calo). Vuol dire che ogni duemila abitanti si può curare o salvare la vita a una persona in meno. E così, segnala Fp Cgil, oltre l'80% dei ricoveri in mobilità dei campani viene fatto negli ospedali privati della Lombardia. All'Humanitas di Rozzano il 15,67% dei pazienti è di Napoli e dintorni. Dalla Calabria, invece, si va quasi sempre verso il privato nel Lazio, per lo più per curare i bambini, visto che in testa c'è il Bambin Gesù di Roma. Ma dal Lazio sono anche in molti quelli che si spostano, soprattutto verso il Nord e la Lombardia: in 49mila si sono curati in altre Regioni nel 2022. Il Veneto spicca per la riabilitazione, ma per le patologie dei muscoli e delle ossa la prima regione in Italia quanto a numero di prestazioni è l'Emilia Romagna. Per i tumori, invece, soprattutto per quelli al cervello e alla bocca, si fugge da Molise, Basilicata e Calabria, ma anche dalla Valle d'Aosta, per lo più verso Milano e provincia.

IL MANCATO RICAMBIO

Dal report Adoc-Eures emerge poi che nel 2022 le prestazioni intramoenia, offerte a pagamento dai medici negli ospedali e negli ambulatori, sono cresciute del 16,7%, con la spesa delle persone che supera il miliardo. Nel frattempo il 22,4% delle strutture pubbliche non rispetta i tempi per gli interventi gravi (che andrebbero fatti in 30 giorni). Cinque anni fa era in ritardo solo il 17,5% degli ospedali. Tra i privati il dato è fermo al 12,2%.
I medici e gli infermieri, poi, sono sempre più anziani e precari. I camici bianchi tra i 65 e i 74 anni sono il 275% in più rispetto al 2013. In corsia ne mancano almeno 25mila e per adeguarsi alla media Ue servirebbero 100mila assunzioni in tutto il settore sanitario. I lavoratori del pubblico, seppur pagati di più del passato, sono lo 0,7% in meno rispetto al 2012, con un leggero recupero a partire dal 2022 (625mila dipendenti, +1,3% sul 2021). L'incidenza dei contratti flessibili tra il 2010 e il 2022 è poi salita del 56,8%, superando per gli infermieri il 150%. «La situazione – dice la presidente di Adoc, Anna Rea – è critica. Serve uno sforzo da parte di Stato e Regioni, anche perché la spesa sanitaria rispetto al Pil è prevista in calo e le risorse messe in campo non sono riuscite a compensare gli aumenti dei costi dovuti all'inflazione».

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