Bomba, meno di cinque ore per disinnescare “Lady Rose”: i dettagli dell'operazione

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di Massimo Chiaravalli
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Mercoledì 8 Maggio 2024, 05:00

IL FOCUS

Dalle 10,27 alle 15,10. Sono state necessarie 4 ore e 43 minuti per rendere inoffensiva “Lady Rose”. È così che è stato ribattezzato dagli artificieri dell’Esercito l’ordigno bellico trovato il 20 marzo in via Alcide De Gasperi. «Un caso rarissimo», quello che porta ora il nome in onore di Santa Rosa. Perché dalla fine della seconda guerra mondiale in Italia ne sono stati recuperati solo sei analoghi. E due di questi proprio nella città dei Papi e della santa bambina. Che secondo i militari deve averci messo la sua mano, «altrimenti Viterbo non avrebbe il volto che conosciamo adesso». Un lavoro che ha richiesto complessivamente una forza in campo di oltre 700 persone.

LA PROCEDURA

Le procedure di evacuazione sono iniziate ieri mattina intorno alle 6,30 e si sono chiuse alle 9. Gli artificieri in via De Gasperi hanno lavorato ininterrottamente in una situazione tutt’altro che semplice. A illustrarla è il colonnello Gianbasilio Profiti, a capo delle operazioni. «Le attività - dice - si sviluppano con una prima fase in cui vengono rimosse le spolette, i congegni di attivazione dell'ordigno. In questa bomba ce ne sono tre». Poi si è dovuta trasportata con un autocarro a Monte Romano, dove è servito «un ulteriore lavoro per metterla in sicurezza svuotando il caricamento esplosivo, pari a circa 1.300 chili, tramite una tecnica che si chiama lisciviatura». Il tutto tramite getti di acqua calda ad alta pressione «per recuperare l'esplosivo continua il colonnello - e poi rimuoverlo definitivamente dal contenitore». Un’operazione molto complessa, perché «questo è un ordigno un po' particolare: è uno dei sei ritrovamenti di tale tipologia effettuati in Italia dal secondo conflitto mondiale. Per poter eseguire un'attività del genere sono fondamentali valori come il coraggio, la professionalità, l'addestramento del nostro personale, la consapevolezza dei rischi connessi a questa attività.

Non solo, anche l'utilizzo di attrezzature ad elevata tecnologia».

LE CARATTERISTICHE

Gli ordigni venivano lanciati in punti dove si trovavano strutture strategiche, gli snodi e le stazioni ferroviarie, i piccoli aeroporti, le industrie. Perché questa non è esplosa? «Semplicemente perché è stata sganciata troppo bassa: non era alla quota giusta per esplodere. Parliamo di un ordigno della seconda guerra mondiale, tra i più grandi mai rinvenuti sul territorio nazionale. È attivo, presenta tre congegni di attivazione, di cui due mantengono le caratteristiche. Il terzo è invece consumato dagli agenti atmosferici e dal tempo. Quindi quest’ultimo rende l'attività più complessa, di conseguenza l'indice di pericolosità è elevato. I rischi legati all'operazione? Proprio nella fase della rimozione dei congegni di attivazione: sono delle vere e proprie operazioni chirurgiche».

I PRECEDENTI

La bomba è stata chiamata "Lady Rose" «in onore di Santa Rosa, che ha protetto la città. Se fosse scoppiata - spiega Luigi Prencipe, il capitano degli artificieri dell’Esercito a capo delle operazioni di bonificala - non avremmo conosciuto Viterbo come è oggi». Ed è anche la seconda che è stata trovata nel capoluogo, dopo quella del 2007 nel quartiere Santa Lucia. «Solo nel 2023 sono stati rinvenuti 21 ordigni, ma di queste dimensioni soltanto 6 nel territorio nazionale dalla fine del conflitto. L’ultima, la sorella di Lady Rose, di 4mila libbre, nel 2016 a Vicenza. Sono rinvenimenti straordinari e rarissimi: se nella città dei Papi non è esplosa - conclude Prencipe - forse è anche merito di Santa Rosa».

Massimo Chiaravalli

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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