Un piazzale di auto in attesa di essere vendute: una scena sempre più frequente in Italia e in Europa

Il mondo dell'auto si ribella al governo:
stop al caro accise e niente finti incentivi

di Sergio Troise
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NAPOLI - Insostituibile strumento di libertà o vero e proprio strumento di tortura? Che cosa è l’automobile oggi? La stangata di Ferragosto, ovvero l’ultimo rincaro dei carburanti provocato dalla decisione del governo di intervenire sulle accise, pone una volta di più dubbi e interrogativi sul ruolo dell’automobile come mezzo di trasporto più amato dagli italiani. Dalla guerra d’Abissinia al terremoto dell’Emilia, benzina e gasolio hanno subìto rincari continui. Tutti i governi, di qualsiasi colore, li hanno infatti ritenuti strumenti ideali, facili da usare, per rimpinguare le casse dello Stato e affrontare qualsiasi tipo d’emergenza: guerre, alluvioni, terremoti, crisi economiche. Un ritocco alle accise e via: tanto paga Pantalone, cioè l’automobilista. Dal mondo dell’auto però si grida allo scandalo: la protesta monta, cifre e metodi vengono messi seriamente in discussione dalle associazioni di categoria e dalle organizzazioni dei consumatori. Dopo l’ultimo attacco, è guerra al governo dei Professori.

Cifre e date della stangata.
Con la determinazione del 9 agosto, l'Agenzia delle Dogane ha introdotto dall’11 agosto (e fino al 31 dicembre di quest’anno) le nuove aliquote dell’accisa sulla benzina e sul gasolio. Saliranno di 4,2 euro per mille litri, comportando un aumento alla pompa di 0,51 centesimi al litro, Iva compresa. Per intendersi: la benzina torna a sfiorare i 2,0 euro al litro (siamo attorno a 1,9), mentre il gasolio si attesta attorno a 1,8.

Perché gli aumenti.
I rincari sono previsti dalla Legge di Stabilità 2012. Legge voluta dal governo dei Professori per generare maggiori entrate per le casse statali. L’introito previsto è di 65 milioni di euro, necessari – secondo le stime governative – per rendere strutturale il bonus fiscale destinato ai 24.000 gestori di carburanti e fare fronte alla riscossione agevolata delle imposte nelle zone terremotate dell’Abruzzo. Apparentemente ragionevoli e nobili motivazioni. Il problema è che dall’inizio del 2011 le accise sulla benzina sono aumentate di 16,44 centesimi, e quelle sul diesel di 19,44, a cui va ad aggiungersi l’effetto moltiplicatore dell’Iva. Se non bastasse, l’ultimo incremento, di 2,42 centesimi Iva compresa su entrambi i prodotti, è stato varato lo scorso giugno, a favore dei terremotati dell’Emilia. E ancora: nel giro di un anno e mezzo, tra il 2011 e il 2012, il peso del fisco sul costo della benzina è aumentato di 19,8 centesimi al litro, cifra che sale a 23,5 centesimi per il gasolio. Ai rincari delle accise (16,44 centesimi per la verde e 19,44 centesimi per il diesel, compreso il ritocco appena scattato) bisogna infatti aggiungere l’Iva, che con la manovra Tremonti di settembre dello scorso anno è salita al 21%. In pratica, gli interventi fiscali operati per le ragioni più varie da aprile 2011 ad oggi (finanziamento fondo per lo spettacolo, emergenze terremoti e alluvioni, messa in sicurezza dei conti pubblici ecc...) equivalgono agli sconti estivi di circa 20 centesimi al litro applicati nei fine settimana da alcune compagnie petrolifere. Se a tutto ciò si aggiunge che mai sono stati cancellati gli aumenti decisi dal ventennio fascista in poi, si capirà perché gli automobilisti italiani si sentano vessati da un sistema che svuota sistematicamente le loro tasche, senza soluzione ci continuità.

Consumatori infuriati.
Federconsumatori e Adusbef sono scese in campo con prese di posizione molto dure, giudicando “profondamente sbagliati” i provvedimenti adottati e chiedendo conto e ragione della destinazione dei maggior introiti. “Riteniamo gravissimo – si legge in una nota congiunta - il livello raggiunto dal tasso di inflazione: la crescita dei prezzi si traduce in una ricaduta di oltre 990 euro annui per ogni famiglia. Un colpo durissimo al potere d’acquisto, già fortemente compromesso dal 2008 a questa parte”. In perfetta sintonia il Codacons, che definisce l’aumento delle accise “un furto con destrezza” e aggiunge che “la decisione vergognosa ed irresponsabile è stata tenuta finora ben nascosta agli italiani”. Secondo l’organizzazione che difende i consumatori l’aumento delle accise “inciderà su base annua per circa 7 euro ad automobilista, ma è particolarmente grave per gli effetti indiretti che potrà produrre sull’inflazione e sul costo finale delle merci trasportate». Insomma - conclude il Codacons – “evidentemente il governo sta soffiando sull’inflazione, infiammando i prezzi per incassare più soldi dall’Iva”.

Aziende in totale disaccordo.
Cna-Fita, organizzazioni che rappresentano 35mila imprese che operano nel trasporto su gomma, definiscono la decisione sulle accise «un blitz ferragostano con cui il governo pregiudica le già precarie condizioni di liquidità delle imprese, strette nella morsa micidiale di tasse, aumento indiscriminato dei costi protettì come il gasolio, le autostrade, le assicurazioni e i traghetti. A questo punto – si legge in una nota di protesta - riteniamo inderogabile il recepimento da parte del governo Monti della proposta di sterilizzazione dell’iva sulle accise, che consentirebbe almeno di eliminare la vergogna delle tasse sulle tasse». A favore degli automobilisti e contro il governo si è schierata anche la Coldiretti, che in una nota di protesta ha osservato: «Con l’aumento delle accise un pieno di benzina per una automobile di media cilindrata sfiora i cento euro e supera la spesa preventivata in media dalle famiglie italiane per il giorno di Ferragosto».

L’indignazione dell’UNRAE
. L’associazione degli importatori di auto straniere in Italia, già fortemente preoccupata per l’andamento del mercato, ha reagito con indignazione all’ennesimo intervento fiscale sui prezzi dei carburanti. «La decisione di aumentare ulteriormente le accise – dichiara polemicamente del direttore generale Romano Valente – è stata deliberatamente tenuta nascosta fino all’ultimo momento e tale comportamento si commenta da solo. Viene così colpita subito la più tipica mobilità della famiglia, nella settimana di ferragosto, compromettendo una vacanza che ormai è già diventata più breve. Tutto ciò sul medio periodo deprimerà ulteriormente gli spostamenti in auto. Altro che ripresa! Ma soprattutto - ha concluso Valente – ciò che ora preoccupa è l'arrivo di provvedimenti a sorpresa come quello previsto nel Decreto Sviluppo, che non ha alcun valore di rilancio della domanda».

Federauto a tutto campo.
La polemica, come accennato dal direttore dell’Unrae, coinvolge anche altri aspetti. Il Decreto Sviluppo, infatti, si occupa anche di incentivi alla mobilità elettrica, individuandola come strumento idoneo ad abbattere le emissioni e la dipendenza dal petrolio. Teoricamente saggio. Ma l’associazione dei concessionari è di tutt’altro avviso. Il suo presidente, Pavan Bernacchi, parla senza mezzi termini di «false aspettative» e invita il governo a riflettere seriamente su alcuni punti, rinunciando a «soluzioni demagogiche che creano infondate aspettative». Secondo calcoli di Federauto, un veicolo elettrico costa oggi 20/25mila euro più di un'auto tradizionale e per percorrere 100 km si spendono tre euro. Tenendo conto che per una vettura tradizionale, per percorrere la stessa distanza, ce ne vogliono circa 13, ogni 100 chilometri l’elettrica porterà un risparmio di circa 10 euro, ossia 1.000 euro ogni 10.000 chilometri percorsi. Ci si chiede allora: con questi numeri quando il cliente ammortizzerà i 20/25mila euro in più che ha speso per l’acquisto dell’auto a batteria? Federauto mostra scetticismo anche in materia di autonomia e infrastrutture per la ricarica (manca ancora uno standard europeo), per non dire del problema a lungo termine dello smaltimento. E perciò il numero uno dei concessionari si schiera nettamente contro gli incentivi all’auto elettrica. «In questo momento storico – dice Pavan Bernacchi - resta inconcepibile come il governo tecnico si possa occupare di una vicenda che interessa lo zero-virgola-zero del mercato lasciando irrisolti i problemi di un comparto che fattura l’11,4% del Pil e occupa 1,2 milioni di addetti con l’indotto. In questo tragico momento, il più drammatico in Italia da quando è stata inventata l’automobile, abbiamo bisogno da un lato di disinnescare i “disincentivi” varati dal governo Monti con i rincari di Iva, Ipt, bollo, superbollo, RC, pedaggi autostradali, accise, tasse che si sono rilevate un boomerang comprimendo i consumi e quindi le entrate per lo Stato, dall’altro di una politica di svecchiamento del circolante e del riordino della tassazione delle vetture aziendali. In sintesi: c’è bisogno di ricorrere al caro vecchio buon senso».

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Sabato 11 Agosto 2012 - Ultimo aggiornamento: 05-07-2013 09:37 | © RIPRODUZIONE RISERVATA