Dire che somigli ad Elon Musk è una banalità. Al massimo sono tutti e due nati a giugno ed hanno quasi la stessa età. Lui, siamo certi, non si sente un “inventore”. E neppure ha mai sognato di portare l’umanità su Marte. Ma una cosa è certa: l’italiano Luca de Meo di automobili se ne intende. Parecchio. L’antica passione per l’argomento l’ha reso uno straordinario mago del marketing. Nel suo recente percorso, però, ha evidenziato anche una visione strategica ed un coraggio da vendere. Due doti non irrilevanti per un top manager globale. Dicono che la fortuna aiuti gli audaci e davanti a Luca, qualche anno fa, si è fermato un treno ad alta velocità. De Meo non ha esitato a salire e, da quel giorno, è iniziata una diversa fase della sua carriera, nella quale è diventato direttore d’orchestra, ma non ha più nessuno a coprirgli le spalle.
Decidere è bello, ma sempre rischioso. È la vita dei leader e de Meo ha dimostrato di essere un condottiero autentico. Ha ricoperto il ruolo con passione e spontaneità, prendendo spesso di slancio decisioni che avrebbero fatto tremare i polsi a molti. D’altra parte, il manager ha assorbito come una spugna tutte le esperienze vissute nei più grandi costruttori (Toyota, Volkswagen e FCA, quello che fu un asset di Stellantis). Oltre alla sua Renault, dove ha iniziato un trentennio fa e dove attualmente è capo incontrastato. Un ragazzo tricolore chiamato a salvare Parigi non è una cosa scontata e ora si può dire che l’operazione è perfettamente riuscita. Molte delle sue mosse ricordano quelle di Sergio Marchionne, con un’incredibile capacità di rendere routine le missioni impossibili.
Qualche giorno fa la ciliegina sulla torta. La mossa non è certamente il punto d’arrivo, ma chiude un cerchio che nessuno ha avuto l’ardire di maneggiare. In realtà, dal 2019 Luca ha rivoltato come un calzino un costruttore che ha quasi 130 anni di storia, rimodellandolo alle esigenze della nuova mobilità. Quella pulita e del software che alimenterà pure l’Intelligenza artificiale. In più, quando lui è stato chiamato all’ombra della Torre Eiffel, la Regie attraversava uno dei momenti più bui, con i bilanci in profondo rosso e la direzione da seguire molto ingarbugliata. Non sapremo mai se è vero, ma de Meo ha dato sempre l’impressione di avere le idee chiare. Quello che ha detto si è avverato, con straordinaria semplicità.
In poco tempo ha trasformato un’azienda granitica in una holding e, spacchettando, ne moltiplicherà il valore. Per certi versi ricorda l’operazione Ferrari, un brand che de Meo segue sempre con molta attenzione, nel quale i valori emozionali sono almeno pari a quelli, altissimi, razionali. A luglio ha messo tutte le attività di powertrain legate ai motori termici nella joint venture paritetica con Geely. Poi, il primo novembre, ha completato lo scorporo di Ampere, la sua gemma del cuore che si è preso l’onore-onere di guidare, al pari di tutte le attività del Gruppo che fanno sempre capo a Renault. Cos’è Ampere? La cosa sembra semplice, invece è un’alchimia che nessuno ha avuto la sfrontatezza di affrontare.
Ampere è il primo, grande, costruttore europeo di veicoli esclusivamente elettrici e software avanzatissimo che ha l’ambizione di cambiare lo scenario. Almeno quello continentale. Ecco la sintesi della sfida: «Quello dei veicoli elettrici è uno sport diverso, ci vuole un atleta con tutt’altro tipo di preparazione». Parole sante, ma nessuno ancora lo ha fatto. De Meo, con la sua scelta, ha plasmato un’azienda autonoma e agilissima, che può sfidare le migliori realtà occidentali ed orientali, riportando la centrale Europa in condizioni di combattere e, perchè no, vincere. Luca ne è convinto ed il piano dettagliato presentato al Capital Market Day sta lì a dimostrarlo.
Il prossimo passo, non meno importante, si concretizzerà fra pochi mesi, nel primo semestre 2024, quando ci sarà l’Ipo di Ampere. Le ipotesi parlano di un valore fra gli 8 e i 10 miliardi, ma le aziende ad elettroni fanno magie in borsa e ciò potrebbe accadere anche in questo caso. Già hanno aderito protagonisti importanti, come gli “alleati” di Nissan e Mitsubishi che si sono impegnati a mettere nel capitale quasi un miliardo, mentre partner rilevanti come Qualcomm Technologies sono molto tentati. Le due aziende giapponesi, oltre ad Alpine, saranno anche “clienti” di Ampere che produrrà per loro almeno 4 modelli ad inquinamento zero. Ambiziosi i target della start up “anomala”. Ampere, infatti, può contare sulle competenze conclamate di Renault per cui realizzerà tutti i veicoli a batterie, investimenti già allocati e progetti in essere o in fase avanzata.
I membri del Cda sono 11, fra i quali il presidente de Meo che curerà personalmente la neonata. I dipendenti sono pochi per gli obiettivi e potranno essere aumentati piano piano. Attualmente la forza lavoro è di 11 mila persone, il 35% dei quali sono ingegneri, di cui 1.800 veri talenti del software acquisiti in parte da Intel nel 2017. Quest’anno il fatturato sarà di solo 2,8 miliardi con una produzione di 45 mila veicoli che saliranno a 300 mila nel 2025, quando verrà raggiunto il pareggio di bilancio con 10 miliardi di ricavi. Il business aumenterà del 30% l’anno, raggiungendo il milione di unità nel 2031, con incasso di 25 miliardi e un margine del 10%. Tesla e BYD, le eccellenze di Usa e Cina, stanno a guardare. Con molta attenzione...