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L’amministratore delegato di Renault Luca De Meo conferma l’obiettivo del 100% di produzione di auto elettriche al 2030, ma lascia aperto un «piano B» per Dacia e le altre controllate. Lo ha detto a Qattrorupote Next, il convegno sul futuro dell’auto organizzato a Milano dalla rivista che si occupa del settore dal 1956. «Stiamo cercando di fare in modo che il marchio Renault possa essere 100% elettrico entro il 2030 - ha spiegato - poi abbiamo un piano B con la Dacia e altre vetture a livello internazionale, su cui manterremo dell’ibrido, ma le regole sono fissate e in Europa saremo pronti a osservarle». Regole che non piacciono al ministro dei Trasporti Matteo Salvini, convinto che «sarà importante avere anche le auto elettriche», ma anche che «avere solo le auto elettriche è un suicidio economico, sociale e industriale». «Bisogna comprendere - ha spiegato - che quando si dice solo elettrico si fa una scelta che ci pone in condizioni di subalternità rispetto ad altri paesi».
«Nessuno - ha proseguito - mi toglie dalla testa che alcune scelte suicide, che vanno contro una logica ambientale sociale ed economica, sono state prese o per arroganza, o per ignoranza o per convenienza». «L’elettrico - ha concluso - è parte del futuro, come lo sono le rinnovabili, ma pensare di fare a meno dei combustibili fossili, del carbone e del gas nel breve periodo è pura illusione». Salvini non l’ha nominata direttamente, ma il grande imputato qui è la Cina, che De Meo indica già oggi come «il primo produttore ed esportatore (di auto, ndr), come già in altri settori, che le hanno delegato completamente la parte di manufacturing». «Dobbiamo lottare per mantenere la capacità produttiva in Europa - ha aggiunto il numero uno della Renault - come le attività di ricerca e sviluppo, perché i cinesi sono già molto forti sul fronte dell’innovazione».
«Siamo in competizione - ha sottolineato - e siamo qua per dimostrare che lo spostamento (a Oriente, ndr) non sarà ineluttabile». «Il tema di fondo sul lungo periodo - ha argomentato - non è solamente lo sbilanciamento sulle tasse d’importazione, ma quello di fare una strategia che permetta all’Europa di giocare con le stesse regole degli americani da una parte e dei cinesi dall’altra e di posizionare l’industria europea in questa transizione».