il fuoribordo H2 a idrogeno di Yamaha

Ecco il fuoribordo H2 a idrogeno di Yamaha: sviluppato con Rousch, sarà venduto in package con barche americane Regulator Marine

di Sergio Troise
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MIAMI - Grazie agli sforzi dell’industria nautica, negli ultimi due decenni il diporto ha fatto registrare progressi significativi nell’ottimizzazione dell’efficienza e nella riduzione delle emissioni di CO2 (in Europa siamo allo 0,4%). Ma al di là di questi progressi, l’industria nautica da diporto globale rimane impegnata a guidare gli sforzi di conservazione e protezione dell’ambiente marino e a individuare nuovi modi per espandere i propri sforzi. E’ in questa prospettiva che vanno inquadrate le iniziative annunciate dal colosso dei motori fuoribordo Yamaha.

Dopo l’annuncio, avvenuto a gennaio, dell’acquisizione di DEUTZ AG, proprietaria di Torqeedo (brand tedesco produttore di motori fuoribordo elettrici), l’azienda dei tre diapason ha annunciato un’altra operazione mirata all’obiettivo delle emissioni zero. In occasione del Miami Boat Show, Yamaha Motor Corporation ha presentato infatti il primo fuoribordo al mondo alimentato a idrogeno.

E’ un propulsore realizzato in collaborazione con la Rousch, azienda americana specializzata nel settore, nota per essersi cimentata nei campi più svariati, dai veicoli sperimentali per i record di velocità su terra ai mezzi progettati per utilizzo nello spazio. Da quasi 50 anni è ampiamente riconosciuta per la fornitura di servizi innovativi di progettazione, collaudo, prototipazione e produzione nei settori della mobilità avanzata, aerospaziale, della difesa e dei parchi a tema.

Nei piani annunciati a Miami c’è lo sviluppo di un progetto completo, che prevede l’allestimento e la commercializzazione in package (motore più barca) di un battello ecologico fornito da Regulator Marine, prestigioso cantiere americano specializzato in center console attrezzate per la pesca sportiva. Le prime sperimentazioni in acqua avranno inizio nel corso dell’estate con un prototipo in vetroresina che farà da banco di prova.

Una nota della filiazione americana di Yamaha informa che “si stanno esplorando tutte le possibilità per raggiungere la carbon neutrality, con l’obiettivo di rendere i nostri processi produttivi e attività a zero emissioni di carbonio entro il 2035, per poi avere una line-up di prodotti a zero impatto ambientale entro il 2050”.

Secondo Ben Speciale, presidente della Yamaha U.S. Marine Business Unit, “la carbon neutrality può essere raggiunta solo attraverso un approccio che sfrutti più soluzioni, e crediamo che l’idrogeno sia fondamentale per raggiungere questo obiettivo. Yamaha – ha aggiunto il manager americano - vuole essere leader in questo ambito, ma incoraggiamo gli altri operatori del settore nautico a partecipare alla ricerca di soluzioni per costruire infrastrutture e nuove politiche intorno alle innovazioni. Per quanto ci riguarda siamo all’opera per verificare se l’idrogeno può essere effettivamente utilizzato con successo in questo mercato e credo che avremo presto una risposta positiva”.

Il partner Regulator Marine ha sposato con convinzione il progetto, e ha già costruito uno scafo sperimentale basato sul modello 26XO, modificandolo per ospitare i serbatoi di idrogeno. “Se non cerchiamo una nuova fonte non la troveremo - ha dichiarato Joan Maxwell, presidente del cantiere assuntosi il ruolo di partner dell’operazione “zero emissioni” -. L’innovazione – ha aggiunto - inizia ponendo domande, magari crea un po’ di scompiglio, ma in fin dei conti è proprio dall’innovazione che nascono le cose più interessanti”.

Un recente studio, primo nel suo genere, commissionato dall’ICOMIA (l'International Council of Marine Industry Associations), intitolato “I percorsi di decarbonizzazione per l’industria della nautica da diporto”, convalida la strategia di Yamaha, rivelando che un approccio a più livelli è il modo migliore per continuare la decarbonizzazione della nautica. Attraverso lo studio, la Ricardo plc, società di consulenza ingegneristica leader a livello mondiale, ha analizzato le tecnologie di propulsione di nove comuni imbarcazioni da diporto per confrontare l’impatto delle emissioni globali di gas serra, i costi finanziari, l’usabilità, le prestazioni, l’autonomia e le implicazioni infrastrutturali.

A causa del peculiare ambiente in cui le imbarcazioni vengono utilizzate, lo studio ha rilevato che non esiste una soluzione unica, e raccomanda invece un portafoglio di tecnologie per continuare a ridurre le emissioni di carbonio nel settore della nautica da diporto, compresa una combinazione di applicazioni elettriche, ibride, a combustibile sostenibile e a combustione interna.

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Giovedì 22 Febbraio 2024 - Ultimo aggiornamento: 09:19 | © RIPRODUZIONE RISERVATA