La Volvo S60, uno dei modelli sui quali sarà sviluppato l'ibrido a volano di Volvo

L'auto si ricarica come quella dei bambini
l'alternativa ibrida secondo Volvo

di Nicola Desiderio
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ROMA - Anche Volvo pensa a un ibrido particolare e, dopo la PSA Peugeot Citroën che ne sta studiando uno ad aria, dalla Svezia arriva quello con il volano, capace di tagliare i consumi e le emissione di oltre il 20% in media con costi nettamente inferiori. Ci stanno lavorando la casa di Göteborg con la SKF e il patrocinio economico dell’Agenzia Svedese per l’Energia che ha messo sul piatto 6,57 milioni di corone per sviluppare questa tecnologia non certo inedita.

Semplificare il percorso dell’energia. Il recupero di energia attraverso il volano non è una novità. Ci aveva lavorato la Volvo stessa negli anni ’80 attraverso un prototipo su base 240, ci stanno lavorando altre case e già si sono viste diverse applicazioni nelle competizioni come quella della Porsche 911 GT3 R Hybrid schierata alla 24 Ore del Nürburgring e quella vincente dell’Audi R18 TDI e-tron, prima auto ibrida ad aver vinto la 24 di Le Mans nel 2012. In entrambi i casi si tratta di tecnologia britannica sviluppata dalla Williams e non prevede un collegamento meccanico diretto con le ruote, ma mediato dall’elettricità. Ogni volta infatti che si frena, i motori elettrici sulle ruote producono energia elettrica che viene trasmessa a un altro motore elettrico calettato sulla massa del volano – contenuto in un recipiente toroidale simile nella forma a un serbatoio per gas auto – accelerandola a circa 40-45.000 giri/min. Quando è poi necessario, l’energia compie il percorso inverso trasformandosi da cinetica in elettrica. Il sistema di Volvo invece è puramente meccanico ed è simile a quello cui anche Land Rover sta lavorando.

Come le macchinine dei bambini. Il principio è molto semplice e quasi tutti i bambini vi vengono a contatto nell’età del gioco: la macchinina si “carica” facendola strisciare più volte in avanti prima di lasciarla andare. A muoverla a quel punto è l’energia accumulata da una ruota di metallo all’interno che gira veloce, nettamente più veloce delle ruote. L’accumulatore a volano meccanico funziona proprio in questo modo e in pratica si sostituisce alla batteria occupando uno spazio inferiore, con minor impatto sul layout della vettura, con meno peso e con un maggior rendimento perché in tutte le vetture elettrificate a vario titolo la batteria ha bisogno di un dato tempo per ricaricarsi e viene utilizzata solo parzialmente per non comprometterne l’equilibrio termico e chimico, dunque la sua affidabilità. Inoltre viene saltato il doppio passaggio di forma dell’energia: cinetica-elettrochimica-cinetica e cinetica-elettrochimica-cinetica. Il problema fondamentale del recupero dell’energia a volano è essenzialmente il rumore creato da una massa che gira a regimi elevatissimi e la gestione della differenza di velocità di rotazione tra ruote e volano.

Dall’acciaio al carbonio. Il tipo che Volvo provò 30 anni fa era in metallo, pesante e rumoroso. Quello dei nostri giorni invece è in fibra di carbonio, pesa solo 6 kg, ha un diametro di circa 20 cm ed è racchiuso in un carter sottovuoto in modo da ridurre al minimo attriti e rumore. Il volano gira fino a 60.000 giri/min ed è collegato alle ruote posteriori attraverso una trasmissione a trasmissione continua e una frizione. Ogni volta che si solleva il piede dall’acceleratore, il sistema spegne il motore a scoppio e il cambio CVT trasmette l’energia cinetica al volano che accelera. Non appena, si ripreme l’acceleratore, l’energia accumulata dal volano viene ritrasmessa alle ruote dando una spinta aggiuntiva di 80 cv a quella fornita dal motore termico o sostituendosi ad esso se si marcia a velocità costante, almeno fino a quando l’energia accumulata è sufficiente a soddisfare le richieste del guidatore.

Un potenziale tutto da esplorare. Secondo i calcoli di Volvo, nel ciclo di omologazione tipico, il volano può sostituirsi ai pistoni per metà del tempo e il suo apporto è maggiormente avvertibile nella marcia stop&go, con accelerazioni e decelerazioni frequenti. Lo schema utilizzato dalla casa svedese inoltre prevede che il motore a scoppio sia collegato alle ruote anteriori e il volano a quelle posteriori e in questo modo si potrebbe avere la trazione integrale senza albero di trasmissione. L’assenza della batteria, di un motore elettrico aggiuntivo e di tutta l’elettronica di controllo rappresenta un vantaggio in termini di costo e di peso, aspetti sui quali si possono fare ulteriori passi avanti per sviluppare così un ibrido conveniente, semplice, flessibile ed efficace. Le sperimentazioni su strada inizieranno dopo l’estate con l’obiettivo di portare questa tecnologia su un’auto di serie entro pochi anni continuando il cammino di Volvo verso le emissioni zero.

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Martedì 28 Maggio 2013 - Ultimo aggiornamento: 11-06-2013 19:32 | © RIPRODUZIONE RISERVATA