Piccole dal cuore grande. Il passaporto asiatico con il visto senza scadenza per l’Europa in bella mostra ed è subito prova di conquista. Perché se i grandi Suv elettrici sono un manifesto tecnologico di quello che oggi si può fare senza ansie d’autonomia, le più compatte a batteria accessibili a molti (ma non a tutti) sono il giusto equilibrio tra portafoglio e prestazioni. La sfida nei prossimi mesi si giocherà anche nei segmenti più bassi, soprattutto in Europa dove da sempre le “piccole” sono l’anima del mercato. E se i marchi del Vecchio Continente sono pronti ad entrare in partita giocando jolly eleganti e glamour con nomi dal forte richiamo storico come Renault 5, dall’oriente è pronta la risposta.
Meno enfasi all’estetica e più alla tecnologia è la proposta giapponese. “Compatto, leggero ed intelligente”, è l’idea che si fa strategia per le prossime elettriche di Toshihiro Mibe, presidente e ceo di Honda. Nei mesi scorsi al CES di Las Vegas ha introdotto il concetto di “arte della risonanza” che si traduce in empatia e amplificazione dell’ambiente che circonda l’auto: società, condizioni economiche e persone. Filosofia tradotta in due concept della 0 Series che Honda lancerà nella seconda parte del decennio, dove lo “0” identifica un nuovo punto di partenza, quasi a voler dire: finora abbiamo giocato, ora si inizia a fare sul serio. Come? Ad esempio limitando il decadimento delle prestazioni delle batterie (e dell’autonomia) a meno del 10% dopo 10 anni di vita. Per buona pace di valori residui e costi di gestione dell’auto.
Una partenza più convinta verso l’elettrico è attesa da Toyota: entro il 2026 in Europa potrà contare su 15 veicoli a zero emissioni in gamma (veicoli commerciali leggeri inclusi), con una quota superiore al 20% delle vendite e più di 250mila unità all’anno. Sei dei quali saranno esclusivamente elettrici e nel veicolo derivato dal concept di un Suv compatto da città (lunghezza 4,3 metri) avranno il modello dai volumi più interessanti (lancio entro fine anno). Un segmento dove l’accessibilità soprattutto per un’auto elettrica è fondamentale per evitare di restare in una nicchia dorata e non uscirne più. Il domani in Toyota si gioca sulle batterie, in particolare su accumulatori a basso costo ma di alta qualità realizzati utilizzando litio-ferro-fosfato (LFP): secondo i giapponesi si garantirebbe un taglio di costi del 40% e un aumento dell’autonomia del 20% (rispetto alla bZ4X). Un orizzonte non lontano: «È in fase di sviluppo un metodo per la produzione di massa per il quale puntiamo alla commercializzazione nel 2027-2028, con una capacità produttiva di decine di migliaia di veicoli», ha spiegato Andrea Carlucci, vicepresidente di Toyota Motor Europe. L’accessibilità che per Suzuki si traduce nello stabilimento indiano di Gujarat dove sarà prodotto il primo modello globale a batteria, anche in questo caso un Suv compatto l’eVX (4,3 metri, 500 chilometri di autonomia, atteso nel 2025).
Non chiamatela più industria automobilistica. Chung Euisun, 53 anni, numero uno del gruppo Hyundai vuole trasformare l’azienda in una “tech company” - l’esempio è quello della connazionale Samsung - protagonista su elettrificazione (idrogeno compreso) e guida autonoma. Meno bielle e pistoni, più software, processori e applicazioni digitali. «Il mercato delle elettriche ha superato la fase degli “early adopter” ma non ha ancora raggiunto popolarità e diffusione; noi vogliamo accelerare la transizione risolvendo il problema dei costi e delle difficoltà di carica», ha dichiarato Song Ho Sung, presidente e ceo di Kia. Per questo dopo EV3 (prezzo stimato di 35mila euro), il piano di lancio di 15 modelli elettrici entro il 2027 potrebbe prevedere le più economiche EV1 e EV2 con listini da circa 25mila euro.
Chi invece bada al sodo sono i marchi cinesi. Gli analisti di Jato Dynamics hanno individuato alcuni “game changers” tra le piccole elettriche di Pechino: si parte dalla Wuiling Bingo, 200 chilometri di autonomia e prezzo inferiore a 8mila euro, si passa alla BYD Seagull da 300 chilometri e 10mila euro di listino per arrivare alla MG4 già venduta in Italia a poco meno di 20mila euro (incentivi inclusi) con 350 chilometri di autonomia. A questi, allargando un po’ i confini, si può aggiungere la VF 3 di Vinfast, un piccolo Suv elettrico del marchio vietnamita da meno di 18mila euro. Prezzi che in Cina (e dintorni) garantiscono comunque profitti ma oggi sono ben lontani da un business sostenibile per l’industria europea. Non a caso è scattato l’allarme in Europa: le ricche sovvenzioni da parte del governo cinese ai produttori locali creano una concorrenza sleale sul nostro mercato. Uno studio Allianz Trade ha stimato un danno ai profitti dell’industria automobilistica europea di 7 miliardi di euro l’anno entro il 2030. La presidente della Commissione UE Ursula von der Leyen è corsa ai ripari e nei giorni scorsi ha avviato la procedura che prevede la registrazione delle importazioni di auto elettriche dalla Cina. Un passo considerato da molti propedeutico a dazi in grado di riequilibrare i prezzi sul mercato tra auto cinesi ed europee. A meno di non aprire stabilimenti produttivi in Europa come ha annunciato BYD in Ungheria, opzione alla quale guarda con interesse anche il governo italiano. Da pericolo a opportunità.