Marchionne con gli operai della Fiat

Fiat: scoppia il caso Termoli, Fiom fa flop
quando sciopera ma è prima alle elezioni

di Diodato Pirone
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Agli italiani piace votare. E così persino le elezioni aziendali non sono mai (o quasi mai) episodi minori.
Una conferma? Basta accendere un faro sulle mini-votazioni per i delegati alla sicurezza (conosciuti come "Rls") che sono avvenute ieri per i 2.700 operai addetti ai motori e ai cambi dello stabilimento Fiat di Termoli, in Molise, per scoprire una sorprendente vittoria della Fiom. I delegati di Maurizio Landini hanno incassato il 27% dei voti (quasi 550) e 2 Rls. Anche Fim e Fismic hanno ottenuto 2 Rls ma con 510 e 480 voti mentre Uilm (350 voti) e Ugl (140) avranno un Rls ognuna.

Ma perché ha senso occuparsi di questo piccolo episodio sindacale? Perché Termoli – a dispetto del week end - ha fatto accendere un sacco di spie rosse nelle direzioni sindacali e persino al Lingotto. I sindacati firmatari del contratto, la Fiom, e la stessa Fiat, del resto, dopo anni di crisi nera sono alla ricerca di nuovi strumenti d'azione essendo da qualche tempo alle prese con il risveglio della Fabbrica con la "F" maiuscola e del suo "popolo". Anzi. Dei suoi "popoli". Eh sì, perché una delle novità del voto di Termoli è che non solo Fiom ha strappato voti un po' a tutti i sindacati dell'accordo con Marchionne (votati plebiscitariamente due mesi fa dal 90% dei dipendenti per le elezioni dei delegati) ma si è aggiudicata il consenso di 26 impiegati, ovvero di una fetta consistente dell'area lavorativa tradizionalmente vicina alle ragioni aziendali. E gli operai? Due sabati fa, all'ennesimo sciopero Fiom contro gli straordinari, hanno aderito in appena 14, pari all'1,2% dei comandati. Un'inezia di consenso lievitata nel segreto dell'urna fino al 27%, con il raddoppio dell'area "malpancista" che radiofabbrica dimensiona a Termoli in 3/400 voti fisiologici per l'area del "no".

Per capire qualità e portata del segnale lanciato in Molise dal popolo Fiat, più che ricorrere alle tesi sulla recente abitudine italica al voto "liquido" e intercambiabile, vale la pena raccontare cosa sta accadendo a Termoli. La fabbrica, dopo tre inverni passati a vivacchiare con la cassaintegrazione, è in preda ad una grande frenesia: l'8 aprile è stata visitata da Marchionne che ha annunciato 500 milioni di investimenti per i nuovi motori Alfa e ha stretto la mano praticamente a tutti gli operai presenti; sono stati avviati i colloqui per 50 assunzioni; sta partendo un pacchetto di promozioni; una quarantina di lavoratori sono stati spediti per la loro gioia in Ferrari per corsi di formazione; ogni giorno arrivano macchinari per le nuove linee motoristiche.

Contemporaneamente però stanno cambiando i turni, con una parte del personale che resta in cig mentre alcune centinaia di operai passeranno ai 18 turni (cioè lavoreranno, una volta al mese, anche la notte fra sabato e domenica il che significa "rovinarsi" la domenica). Oggi, poi, in una località di mare e in contemporanea con l'attesissima partita Juve-Real Madrid, alcune centinaia di lavoratori sono stati chiamati a lavorare di pomeriggio e di sera in straordinario per produrre cambi per la Punto.

L'inaspettata colata di asfalto sulla passione calcistica dei dipendenti-tifosi e la confusione generata dai cambiamenti di abitudini legate ai turni hanno prodotto tensioni e malcontento. Non solo fra i lavoratori. Anche fra i cinque sindacati firmatari, sempre in lite fra loro, e la direzione dello stabilimento, che ha preso molte decisioni senza consultare nessuno, si è generata qualche frizione.

In questo spazio si è inserita una Fiom numericamente debole ma collaudata e abile. A Termoli anche l'organizzazione di Landini fornisce una spaccato umano interessante. Qui Fiom ha subito una emorragia di iscritti dopo una spregiudicata mossa della direzione della fabbrica che anni fa decise di non riconoscere ai metalmeccanici della Cgilcirca 300 euro al mese, pari agli aumenti dei contratti non firmati dalla stessa Fiom. Il tribunale diede torto alla Fiat (come la stessa Fiat si attendeva) ma nel frattempo buona parte dei lavoratori se l'erano squagliata dal sindacato per evitare la decurtazione della busta paga. E non sono più tornati.

Ma oggi la delegata Rls più votata di tutta la fabbrica è stata Stefania Fantauzzi, iscritta Fiom ma appartenente alla piccola corrente più dura che critica da sinistra anche le posizioni di Landini. Fantauzzi nel 2010 divenne nota per una lettera pubblica sulla impossibilità di conciliare il lavoro con il suo ruolo di madre di tre ragazzi. Lettera alla quale la Fiat rispose spiegando pubblicamente che la delegata aveva scelto lei stessa il turno di mattina e che fra il 2009 e il 2010 era stata assente dalla fabbrica a vario titolo per 263 giorni su 361 lavorativi.

Il 27% dei voti agli Rls Fiom, comunque, non sono uno "scarto" inedito nella storia dei lavoratori Fiat molisani. Nel '94, di fronte ad un massiccio pacchetto di investimenti, a 400 assunzioni e a un aumento di stipendio, gli operai dissero “no” in massa ai sabati di lavoro.

Altri tempi, è vero. Ma – se è consentito offrire una chiave interpretativa – forse vale la pena collegare il “caso Termoli” ad un recente sondaggio della SWG, secondo il quale l’italiano medio oggi non si fida della sua classe dirigente: non solo dei politici o degli alti burocrati (o dei giornalisti) ma anche degli imprenditori e dei sindacati. E così in una fase di grandissima trasformazione non solo del modello aziendale Fiat ma anche di quello sindacale (si sente parlare sempre più spesso di sindacato unico) i lavoratori sembrano volersi tenere aperte più opzioni. Compresa quella semplicistica dei "vaffa" assegnati sulla lavoro alla Fiom come in politica ai grillini.

Insomma, le piccole elezioni di Termoli possono rappresentare una significativa lezione per Fiat e per la galassia dei sindacati, Fiom compresa. Lezione utile più che mai adesso che l'azienda è tornata a cavalcare una fase espansiva e nel contratto neonato riconosce aumenti fra i 7 e i 10.000 euro in 4 anni per ogni dipendente.

Per quanto possa apparire bizzarro, è noto che i lavoratori italiani, pur guadagnando di meno, danno meno peso ai soldi di quelli americani. E allora la mente torna ad un curioso episodio accaduto nel 2011 a oltre 5.000 chilometri da Termoli. Durante una trasmissione televisiva americana, Sergio Marchionne definì così un nuovo modello d’auto della Chrysler progettato da Fiat: “E' una macchina italiana senza le trappole (usò il termine “pitfalls”) italiane”. Morale: forse in Fiat non basta disporre del modello toyotista Wcm (World Class Manufacturing) per dare vita a belle fabbriche capaci di far lavorare tutti un po' meglio, di rimpinguare le magre buste paga operaie e persino di scuotere la foresta pietrificata del sindacato italiano. Conquistare la mente e i cuori dei dipendenti e dribblare le tante trappole (ed elezioni) italiane è una fatica da Sisifo, persino per Sergio Marchionne.

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Sabato 6 Giugno 2015 - Ultimo aggiornamento: 12-06-2015 00:50 | © RIPRODUZIONE RISERVATA