GENOVA - La nautica italiana, come ormai a tutti noto, è in crescita non stop, potendo vantare risultati eccezionali in materia di produzione, vendite, export, fatturati, occupazione. Credenziali oggettive, che hanno messo i vertici della principale associazione di categoria, ovvero Confindustria Nautica, in condizione di “farsi sentire” con sempre maggiore capacità d’ascolto da parte della politica, ovvero da ministri e parlamentari a vario titolo coinvolti.
Un primo segnale importante del nuovo clima creatosi sull’asse Roma-Genova (sede di Confindustria Nautica) s’era avuto a settembre, in occasione della 63ma edizione del Salone di Genova, con la visita del presidente del Consiglio Giorgia Meloni e di sette ministri del suo governo. Da allora si sono intensificati i contatti e le consultazioni, e nei giorni scorsi i vertici della formazione confindustriale hanno incontrato il vice premier Salvini, il ministro delle Imprese e del made in Italy Adolfo Urso, il vice ministro dell’Economia Maurizio Leo e il vice ministro delle Infrastrutture e Trasporti Edoardo Rixi.
E’ in questo scenario che il comparto si è sentito sempre più incoraggiato a incalzare lo Stato, ed è su queste basi che una insospettabile collaborazione istituzionale ha portato a compiere passi avanti significativi su alcuni fronti decisivi per l’industria nautica e per i diportisti.
Il primo passo importante è stato compiuto giovedì 23 novembre quando la Commissione attività produttive della Camera ha votato l’emendamento che istituisce un fondo per la rottamazione dei motori destinati alla nautica e l’acquisto di propulsori elettrici: una misura molto attesa dal settore, poiché il precedente governo aveva approvato una analoga disposizione a carico del ministero dell’Ambiente, mai entrata in vigore perché non era stato emanato il decreto attuativo.
L’emendamento depositato dalla deputata Ilaria Cavo (di Noi Moderati), accogliendo la proposta di Confindustria Nautica, ha rimesso in moto la questione per giungere, attraverso un grande lavoro di tessitura, a una riformulazione dei due relatori (Gusmeroli della Lega e Giovine di Fratelli d’Italia) e allo stanziamento delle risorse necessarie da parte del ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso.
La prossima settimana il testo, approvato anche dalle opposizioni, approderà in aula per poi passare all’esame del Senato. Criteri e modalità di erogazione dei contributi saranno stabiliti in un secondo momento con decreto dello stesso ministero del Made in Italy. Ci vorrà ancora un po’ di tempo, dunque, ma sono stati compiuti passi avanti importanti, decisivi per velocizzare il processo di decarbonizzazione della nautica, attraverso la rottamazione dei motori più inquinanti (in particolare i vecchi due tempi alimentati a miscela, ma non solo) e la sostituzione con prodotti innovativi. Se non bastasse, vale la pena ricordare che è già contenuta nel disegno di legge “Made in Italy” la decisione di ridurre a 7 giorni il tempo per il rilascio delle licenze di navigazione delle unità nuove di prima immatricolazione: un altro problema, questo, discusso e rimasto irrisolto da anni.
Altro tema scottante, affrontato con apprezzabile sollecitudine dalle autorità di Governo, è quello legato alla salvaguardia del mercato dei natanti (scafi che non superano i 10 metri e non hanno obbligo di immatricolazione), ovvero la cosiddetta “piccola nautica”, la più diffusa nei nostri mari, ma anche sull’opposto versante adriatico, ovvero in Croazia, Slovenia, Montenegro, fin giù alla Grecia, zone molto frequentate dai diportisti italiani.
In questi paesi è stata introdotta una normativa punitiva per i possessori di piccole barche classificate come natanti e non obbligate alla targa: dalla prossima estate sarebbero state precluse le loro acque territoriali ai “non targati” e sarebbe stata richiesta l’immatricolazione, con tutti gli oneri che questa comporta.
Scattato l’allarme, le nostre autorità di Governo hanno raggiunto un’intesa con i paesi UE confinanti, in base alla quale è stata definita la documentazione che li abiliterà alla navigazione nelle loro acque territoriali.
Niente obbligo di immatricolazione e targa, dunque: sarà l’attestazione dei dati tecnici dell’unità (DCI, Dichiarazione di Costruzione o Importazione), unitamente a una dichiarazione di possesso del proprietario autenticata dagli STA (Sportelli Telematici dell’Automobilista) a poter essere presentata alle autorità degli altri Stati UE al fine di attestare il possesso, la nazionalità e le caratteristiche del natante.
La misura dissuaderà l’alternativa dell’immatricolazione presso quei Paesi con il conseguente versamento dell’IVA presso di loro. Le somme derivanti dal pagamento dei diritti di rilascio vengono inoltre assegnate al funzionamento del Registro telematico delle unità da diporto, in particolare dell’Ufficio di Conservatoria Centrale (UCON), contribuendo così al suo efficientamento.
Una seconda norma risolve invece il problema ai possessori di natanti che volontariamente intendono immatricolarli sotto bandiera italiana, ma hanno smarrito o non hanno un titolo di proprietà. Ora possono produrre una dichiarazione sostitutiva di atto notorio, sempre con sottoscrizione autenticata dagli Sportelli Telematici dell’Automobilista (STA), con la quale attestare che il natante da diporto è di loro esclusiva proprietà, indicando data e luogo di acquisto e il venditore. Insomma, un ulteriore passo avanti sulla rotta della sburocratizzazione e semplificazione legate all’uso di una barca da diporto.
E’ sulla base di questi incoraggianti passi avanti che il presidente di Confindustria Nautica, Saverio Cecchi, ha rilasciato una dichiarazione con la quale esprime piena soddisfazione: “Le imprese del settore e l’associazione nazionale di categoria – dice il numero uno delle imprese nautiche - non possono che apprezzare un così bel lavoro di squadra. Per questo ringraziamo calorosamente il ministro Urso, la sua struttura, la commissione attività produttive della Camera e tutti i rappresentanti delle istituzioni che si stanno spendendo a tutela della nautica”.