PALERMO - I porti italiani hanno bisogno di un coordinamento centrale forte. Un’azienda, una Spa pubblica, che debba rendere conto a un consiglio di amministrazione e non alla burocrazia. Basta con ritardi e giri inutili da un ministero all’altro, basta con competenze sparse, ci vuole un Cda, che selezioni ed effettui gli investimenti, e che operi sulla base di un Piano industriale nazionale.
La proposta arriva forte da Palermo dove esperti del settore, imprenditori e rappresentanti delle istituzioni sono stati riuniti da Pasqualino Monti, il presidente dell’Enav e dell’Autorità di sistema portuale della Sicilia Occidentale con il tema “Noi Mediterraneo”. Pasqualino Monti è l’uomo dei miracoli: in pochi anni ha letteralmente rivoltato il porto di Palermo, e gli altri che rientrano nell’Adsp, con la tenacia e la dedizione, mettendo in mostra doti manageriali di assoluta qualità al punto che, nonostante la recente nomina all’Enav, il governo gli ha anche chiesto di completare l’opera portata avanti con tanto successo in Sicilia. Hub crocieristico gestito da Msc e Costa insieme, hub traghetti dove lavorano attaccate Grimaldi, Gnv e Tirrenia; un cantiere navale sulla via della dismissione da Fincantieri che, invece, è diventato un impianto strategico. E poi il nuovissimo yacht club con approdi per grandi yacht realizzato in soli 18 mesi. Insomma il fenomeno Sicilia andrebbe studiato da tutte le altre Adsp.
Ed è così che il fulcro di una nuova riforma portuale parta proprio da qui, da Palermo. Il presidente dell’Autorità di Sistema portuale del Mare di Sicilia occidentale, beneficia dell’esperienza fatta in questi anni. La formula, sulla quale – come evidenziato dall’intervento del viceministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Edoardo Rixi – sembra convergere il consenso del governo, prevede che le singole Autorità di Sistema portuale restino enti pubblici “economici“ sotto pieno controllo pubblico, ma che in grande parte diventino esecutori di indicazioni precise di priorità negli investimenti e nel marketing internazionale che diventeranno compito primario dell’Azienda centrale dei porti.
Nel corso del convegno di Palermo si è parlato, quindi, una società per azioni, a controllo pubblico, in grado di attrarre investitori privati su un piano industriale, ma anche capace di sfruttare le occasioni di investimento e consulenza nel mondo.
In quest’ ottica – come emerso a Palermo – la Sicilia ha svolto in questi cinque anni, il ruolo di avamposto in un Paese che – ha precisato Monti – “non ha un problema di carenza di finanza, ma ha un enorme problema, specie nei porti e nelle infrastrutture, nei freni burocratici. Carenze che rendono impossibile lo sfruttamento del più grande asset del sistema Paese, ovvero il demanio marittimo di cui – ha detto Monti – paradossalmente non si conosce il valore e che garantiscono, invece, la dispersione di risorse su porti che sono già chiusi”.
E il governo approva. “L’Italia può contare - ho sottolineato il viceministro Rixi- su grandi imprenditori dello shipping che tutti ci invidiano, autentici campioni mondiali del settore come Aponte e Msc. Il nostro dovere è quello di coadiuvarli nella direzione degli interessi del Paese”.
Edoardo Rixi condivide con Monti la proposta “di un soggetto centrale che gestisca i cambiamenti e sia in condizione di selezionare gli investimenti, di dare risposte rapide al mercato e di gestire i processi. Un sistema che passi attraverso interventi concreti sulle storture determinate da una deresponsabilizzazione della burocrazia e dall’incapacità di assumere scelte. Inoltre – ha concluso Rixi - bisogna tornare a retribuite i manager preposti a questi processi secondo una logica di mercato”.
E poi il ponte sullo stretto. “Il ponte sullo Stretto - ha ribadito Rixi - fa diventare di fatto la Sicilia un grande hub del Mediterraneo. Dobbiamo, però, creare una rete efficiente di trasporto in tutta la Sicilia. Ferrovia e strade: se si gioca in serie A bisogna reggere le regole della serie A. Il ponte sarà pronto nel 2032 - ha aggiunto - bisogna partire il prima possibile, non vogliamo che magari un cambio di governo possa fermare l'opera”.