Renault, sospetti sulle emissioni

Renault, sospetti sulle emissioni. Parigi: la frode non esiste

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Dopo Wolkswagen Renault. Il sospetto di un nuovo scandalo su emissioni truccate travolge la casa francese e afonda i titoli in Borsa. Il governo francese però minimizza: e spiega che non ci sono frodi con software manomessi, ma solo sforamenti di limiti. 

Tutto parte dalle perquisizioni che hanno dato il via ieri a una seduta da dimenticare per Renault: in una giornata pessima per tutto il settore dell'auto in Europa il titolo del gruppo francese ha ceduto a Parigi il 10,2% finale a 77,75 euro. Prima della puntualizzazione del governo azionista e del costruttore che hanno smentito la presenza di veicoli con emissioni truccate, Renault aveva toccato una perdita del 20%. Oggi in Borsa i titoli recuperano solo leggermente.

Nei primi test condotti sui veicoli del marchio francese e di «diversi» altri costruttori esteri è stato osservato «uno sforamento delle norme» sul Co2 e l'ossido di azoto ma «nessuna frode», ha puntualizzato in conferenza stampa a Parigi il ministro francese responsabile per Ambiente e Trasporti, Sègolène Royal, assicurando che il software truccato «non esiste».

«Gli azionisti e i dipendenti possono stare tranquilli», ha insistito la ministra socialista. In mattinata, un volantino della CGT, il principale sindacato francese, annunciava che gli inquirenti della Dgccrf (Direction gènèrale de la concurrence, de la consommation et de la rèpression des fraudes) erano intervenuti giovedì scorso in diversi impianti Renault ed hanno sequestrato «i Pc di numerosi dirigenti».

I settori oggetto dell'indagine - continuava il sindacato - riguardano la divisione 'omologazione e messa a punto dei controlli sui motorì e «lasciano fortemente pensare» che «queste perquisizioni siano legate alle conseguenze dell'affare dei motori truccati di Volkswagen». Gli stabilimenti perquisiti sono quelli del centro ingegneristico di Lardy a sud di Parigi, il tecnocentro di Guyancourt e quelli di Plessis-Robinson e Boulogne-Billancourt.

Nella Francia che si atteggia a prima della classe nella tutela del clima dopo i successi della Cop21 e le settimane di paternali agli alleati ma eterni rivali tedeschi in radio, giornali e tv, l'ipotesi dei motori truccati in casa tricolore ha avuto l'effetto di un terremoto. Renault, ha confermato le perquisizioni che fanno seguito a un'indagine già avviata ad ottobre ma ha assicurato, come ha fatto Sègolène Royal, che tutti i test realizzati su richiesta del governo non avevano evidenziato frodi. E in molti tirano un sospiro di sollievo. Le analisi condotte dallo scorso autunno dalla commissione indipendente hanno riguardato, in questa prima fase, 22 vetture di otto distinti costruttori: oltre a Renault - ha spiegato la ministra - Psa, Volkswagen, Mercedes, Ford, Opel e Bmw.

L'esponente del governo non ha precisato quali siano i costruttori (esteri) risultati «fuori norma» oltre a Renault. «I test continueranno fino ad arrivare a un campione di 100 veicoli» e altri quattro marchi saranno sottoposti all'esame, ha continuato, «Nissan, Volvo, Suzuki e Fiat». L'esito finale sarà pubblicato al termine dei controlli, così come le iniziative assunte dai gruppi automobilistici per rientrare nelle norme sui livelli di anidride carbonica e ossido di azoto. «Dopo il successo della COP 21, Renault intende accelerare il proprio coinvolgimento a favore di soluzioni industriali utili alla tutela del pianeta», assicura il marchio in una nota. «Da 3 anni - concludono a Parigi - il Gruppo Renault ha concretamente ridotto del 10% la carbon footprint dei suoi veicoli».

 

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Venerdì 15 Gennaio 2016 - Ultimo aggiornamento: 16-01-2016 13:34 | © RIPRODUZIONE RISERVATA